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Abbandonando il Codice di condotta contro le fake news Twitter «ha scelto lo scontro» con la Commissione Europea
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Questo il commento della vicepresidente Vera Jourová che allude a controlli d'ora in poi più stringenti sull'operato di Twitter e annuncia modifiche al Codice di condotta UE sulla disinformazione dedicate all'AI.
Twitter abbandona il Codice di condotta UE contro fake news , hate speech e incitamento alla violenza e sceglie in questo modo «la via dura dello scontro» con la Commissione Europea, come ha fatto notare la vicepresidente Vera Jourová durante un incontro con la stampa a Bruxelles, proprio mentre la Commissione è a lavoro sugli ultimi dettagli del Digital Services Act e per trovare regole condivise sull’intelligenza artificiale.
Cos’è e perché Twitter abbondona il Codice di condotta UE sulla disinformazione online
In vigore dal 2018, il Codice di condotta UE impegna i firmatari – attualmente oltre quaranta tra le principali big tech, da Google a Microsoft, da Meta a TikTok – ad adottare misure efficaci per limitare la diffusione di disinformazione, informazioni e media manipolati, discorso dell’odio, tenendo conto di volta in volta della specificità del servizio offerto e delle modalità d’interazione tra gli utenti tipiche delle piattaforme.
La maggior parte delle iniziative contro le fake news e delle impostazioni introdotte nel tempo per segnalare i contenuti controversi o fuorvianti ha trovato impulso proprio in questo strumento che rimane, comunque, uno strumento ad adozione volontaria.
Se Twitter abbandona il Codice di condotta UE, ed è la prima big tech in assoluto a farlo, sembra insomma chiaramente per riflesso di una serie di stravolgimenti che hanno investito la compagnia dal momento dell’acquisizione di Elon Musk.
Stravolgimenti che hanno portato, per esempio, alla riattivazione del profilo Twitter di Donald Trump e altri esponenti della destra radicale americana noti per aver alimentato in Rete disinformazione e campagne dell’odio durante la pandemia e la concomitante campagna elettorale per le presidenziali americane del 2020 e allo stop al fact checking sui tweet a tema coronavirus e che hanno contribuito a far finire il social dei cinguettii nella lista delle piattaforme digitali “sorvegliate speciali” della Commissione Europea.
Già da qualche tempo insomma, come ha sottolineato ancora la vicepresidente Jourová, c’è «molta attenzione» a livello europeo sull’operato di Twitter.
C’è aria di rottura tra Twitter e la Commissione Europea
Il dietrofront sul Codice di condotta contro la disinformazione porterà, ora, a esaminare ancora con più «urgenza e con vigore»il rispetto delle norme comunitarie.
Twitter, ha continuato a spiegare infatti la vicepresidente della Commissione Europea, rimane categorizzata come grande piattaforma online e in quanto tale a partire da agosto 2023, quando il Digital Services Act sarà definitivamente in vigore, dovrà rispettarne le previsioni, incluse quelle che impongono ai gestori dei servizi digitali di mitigare il rischio e agire contro la diffusione di contenuti illeciti. Se non lo farà, la piattaforma di Elon Musk potrebbe risentirne in molti modi diversi fino ad arrivare in extremis a dover smettere di operare in Europa.
Le nuove regole europee per i contenuti generati dalle AI
Il punto stampa per commentare la notizia che Twitter abbandona il Codice di condotta UE contro fake news, hate speech e incitamento alla violenza è stato anche l’occasione per annunciare delle novità che lo riguardano.
La Commissione, ha raccontato ancora la vicepresidente, ha chiesto ai firmatari di cominciare lavorare a una «sezione dedicata e separata» riguardante i contenuti generati dalle AI.
Strumenti come ChatGPT e gli altri chatbot multimodali e basati sul reinforcement learning, ha sottolineato Vera Jourvà, sono ormai capaci infatti di «creare contenuti e immagini complessi e apparentemente ben fondati in pochi secondi»: individuarli e segnalarli tramite apposite etichette o altri strumenti simili è la sfida più urgente a cui sono chiamati piattaforme e loro gestori, mentre i decisori politici lavorano a definire regole1 capaci di inquadrare nel complesso la materia.
Materia su cui la vicepresidente della Commissione Europea ha espresso un giudizio che non lascia molto spazio alle interpretazioni: pur dicendosi fermamente convinta della necessità di tutelare sempre la libertà di espressione, ha detto di non vedere «nessun diritto per le macchine di avere libertà di parola»2.
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