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Perché molte università americane hanno deciso di bannare TikTok

tiktok bannata dai campus americani

L'app non è più raggiungibile da device e reti Wi-Fi dei campus e gli atenei consigliano agli studenti di disinstallarla. C'entrano i dubbi su come TikTok usa i dati e che possa cederli a Pechino a scopi di cybersorveglianza.

TikTok bannata dai campus americani: così la notizia è circolata nei giorni scorsi sulle principali testate internazionali, man mano che si allungava la lista di università che hanno deciso di rendere l’app cinese delle challenge, delle lip sync, dei video brevi in formato verticale irraggiungibile dai dispositivi e tramite le reti Wi-Fi di ateneo. Alla base della decisione i dubbi, mai sopiti, su quali dati vengano raccolti dall’applicazione e, soprattutto, come e da chi vengano trattati.

Come e perché si è arrivati alla decisione di impedire l’accesso a TikTok dalle università

La vicenda di TikTok bannata dai campus americani ha radici, come fa notare tra gli altri TechCruch1, nella guerra che l’allora presidente Trump dichiarò a ByteDance. L’accusa era allora che la compagnia condividesse con il governo cinese i dati degli utenti e che gli ultimi venissero sfruttati da Pechino per fare propaganda e a scopo di sorveglianza digitale. La vicenda, apparentemente risolta con un accordo di acquisizione della branca americana di ByteDance da parte di azionisti interni come Oracle e Walmart, ha avuto in realtà strascichi ben più duraturi.

Negli scorsi mesi, come spiega ancora la testata, il direttore dell’FBI ha inserito TikTok tra le app da “bollino rosso” sotto il profilo della privacy. A dicembre 2022 l’amministrazione Biden ha formalmente bannato TikTok dai dispositivi governativi, decisione a cui ha fatto seguito quella di molti governatori di fare lo stesso impedendo l’accesso a TikTok da device e reti facenti capo alle agenzie di Stato.

Almeno venti università pubbliche tra cui l’Università del Texas – Austin, l’Università dell’Oklahoma, l’Auburn University, la Texas A&M University2 – solo per citare le più grandi e popolose (la TAMU per esempio conta da sola oltre 70mila studenti) – hanno già deciso di adeguarsi alla linea adottata dai singoli governatori e a livello federale e non è escluso che altre possano fare lo stesso nelle prossime settimane.

Nella maggior parte dei casi anche i campus americani hanno bannato TikTok di fatto disinstallando e rendendo impossibile riscaricare l’applicazione sui device proprietari o, come già si accennava, raggiungerla attraverso le reti Wi-Fi di ateneo. Si tratta di limiti comunemente sfruttati nei luoghi di lavoro o sulle reti pubbliche per impedire agli utenti di accedere a siti pornografici, potenzialmente pericolosi nei contenuti – com’è il caso di alcune piattaforme usate dagli adolescenti per scambiarsi messaggi e domande anonime che hanno subito lo stesso destino – o particolarmente insicuri dal punto di vista della privacy appunto.

Qualche università però, come racconta il Time, si è spinta oltre, consigliando agli studenti di cancellare i propri profili e disinstallare TikTok dai propri dispositivi3 e soprattutto disattivando i propri account ufficiali. Un avviso informa, per esempio, che il profilo TikTok della TAMU dedicato agli appassionati di fisica e astronomia non verrà più aggiornato e che i suoi video divulgativi continueranno a essere disponibili su YouTube. Difficile dire se oltre un milione e mezzo di tiktoker che li seguivano saranno effettivamente disposti a spostarsi su un’altra piattaforma per continuare a farlo.

TikTok al momento non è infatti solo una delle piattaforme più popolari in America – si stima che abbia oltre 94 milioni di iscritti, di cui almeno 80 milioni attivi su base mensile4 – ma è soprattutto quella su cui i giovanissimi della generazione z trascorrono più tempo durante la giornata e mostrano livelli più alti di engagement . Accanto ad aziende e marketer che sperimentano al suo interno modi per connettersi con un target strategico di nuovi consumatori, nel tempo sono proliferati così account divulgativi e che i tiktoker usano per tenersi aggiornati, informarsi su temi poco coperti da altri media – famosa divenne la vicenda di una tiktoker che condivideva finti tutorial di trucco per denunciare la detenzione dei musulmani nei lager cinesi – o come supporto allo studio appunto.

In uno scenario come questo era difficile non immaginare che tra le reazioni alla notizia di TikTok bannata dai campus americani ci fosse molto disappunto da parte degli utenti.

Le reazioni alla notizia di TikTok bannata dai campus americani

Intervistati da diverse testate giornalistiche, gli studenti hanno manifestato la propria frustrazione per non poter più accedere liberamente a TikTok mentre si trovano negli spazi degli atenei, anche se ben consapevoli che è possibile aggirare il ban facilmente utilizzando modalità di navigazione in incognito, VPN o semplicemente collegandosi tramite pacchetti dati e non tramite Wi-Fi. Qualche studente ha persino bollato come un tentativo di censura la scelta intrapresa dalle università e ha lamentato soprattutto di non essere libero in questo modo di decidere che uso fare dei propri dati e delle proprie informazioni personali.

Argomentazioni simili all’ultima sono state usate da alcuni addetti ai lavori, come spiega tra gli altri The Guardian, per criticare altrettanto duramente la decisione dei campus americani5: bannando TikTok hanno finito per fare esattamente – o quasi – ciò di cui accusano ByteDance, cioè di non mettere i propri studenti in condizioni tali da prendere decisioni libere e consapevoli che riguardino la propria privacy e la riservatezza dei propri dati personali.

Non è tanto bloccando un’applicazione per il sospetto che possa essere usata in maniera controversa da soggetti governativi e per scopi di cybersorvegliarza o di warfare che si dimostra di avere a cuore la sicurezza digitale dei propri studenti, quanto coinvolgendoli in percorsi di educazione civica digitale, di digital wellbeing e di digital literacy per esempio. Bannare TikTok dalle università rischia di apparire insomma una decisione meramente «politica»6, come scrive tra gli altri Bloomberg, tanto più in un frangente temporale che è quello di una campagna elettorale alle porte per le prime elezioni che vedranno davvero i giovanissimi della Generazione Z coinvolti attivamente come elettori. Più in generale, fare la guerra a TikTok ha da sempre nascosto, secondo altri esperti, una certa mancanza di priorità o di volontà da parte dei decisori politici nell’affrontare in maniera sistemica grandi questioni come quella della regole per le piattaforme e le big digitali.

Dal canto proprio TikTok non sembra aver fatto molto in questi anni per chiarire definitivamente la propria posizione o rendere più trasparente la gestione del flusso di dati verso la Cina. Anzi, secondo alcune fonti i giornalisti sarebbero stati sistematicamente spiati dalla compagnia7 e inoltre vi sarebbero accordi di riservatezza particolarmente stringenti imposti ai dipendenti. Chiamati a commentare la notizia di TikTok bannata dai campus americani, alcuni portavoce si sono limitati a ribadire che ByteDance «è una compagnia privata, di calibro internazionale e per il 60% in controllo di investitori di tutto il mondo»8 e che il partito comunista cinese non ha alcun tipo di controllo «né diretto, né indiretto» sulla compagnia o sui suoi servizi.

Note
  1. TechCrunch
  2. NBC News
  3. Time
  4. Statista
  5. The Guardian
  6. Bloomberg
  7. Forbes
  8. CNN

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