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Startup fintech: cinque regole per comunicare meglio il business della tecnofinanza

Startup fintech: come comunicano? Ecco i dati

Per una startup fintech una buona strategia di comunicazione è essenziale, tanto più che gli utenti finali cercano credibilità e trasparenza.

Le previsioni sono ottimistiche anche in Italia: la fintech è cresciuta del 30% nel 2018 e, entro il 2020, dovrebbe raggiungere i cento miliardi nel solo comparto nuovi pagamenti digitali. Quante sono, però, le startup fintech – e i loro servizi – che, nel nostro Paese, raggiungono davvero massa critica? E come si articola la loro esistenza?

Le startup fintech italiane in un panorama che cambia

I dati contrastano, in questo senso, con le previsioni rosee di cui pure si è detto. Non solo perché le startup innovative della tecnofinanza rappresentano in Italia appena il 3% dei soggetti iscritti al registro delle imprese; è infatti soprattutto l’exit a preoccupare: il saldo è positivo – per quaranta startup fintech nate ce ne sono trentuno che vanno verso una risoluzione –, ma oltre l’85% delle uscite dal registro delle imprese dipende da cessate attività e non da acquisizioni, per esempio. Segno che la vita di una startup della tecnofinanza in Italia è ancora difficile e la strada per il successo tortuosa. Qualche volta manca una vision precisa e i servizi finiscono con l’assomigliarsi tutti, gli uni con gli altri, senza che questo rappresenti un vantaggio reale per il consumatore finale. In non pochi casi è la concorrenza di soggetti più tradizionali del banking che stanno sperimentando servizi digitali a rendere difficile la sopravvivenza delle startup del fintech. Senza contare che i cosiddetti GAFA – ossia i quattro big del digitale, Google, Apple, Facebook e Amazon – sono ormai operatori finanziari in piena regola: l’ultima conferma, in questo senso, è stato l’annuncio di una carta di credito e di servizi a essa collegati firmati Apple e, se è vero che l’Italia per il momento è esclusa dalla lista dei paesi che possono usufruirne, non è difficile pensare che ciò accadrà presto.

In una prospettiva come questa, e considerata la natura specifica dei servizi in questione, quelli della credibilità e della trasparenza sono i terreni su cui si gioca la partita delle startup fintech. Ossia, per guadagnare la fiducia di investitori e risparmiatori e vincere la concorrenza di soggetti più affidabili perché con una lunga storia alle spalle o un brand oppure con dei valori più forti, i nuovi soggetti della tecnofinanza devono puntare tutto sulla rendicontabilità di processi e regolamenti e sul mostrarsi credibili agli occhi di investitori e utenti finali. Tanto più che, per tornare ai big del digitale e al loro ingresso nel mondo della finanza, la carta vincente è un numero straordinariamente grande di utenti che già utilizza gli altri servizi e che non potrebbe non gradirne una maggiore integrazione, a cui si sommano ovviamente gli effetti di Rete. Più pragmaticamente, per esempio, secondo Forbes, tra quelli che hanno un account o lo utilizzano per gli acquisti online, più della metà degli utenti americani sarebbe pronta ad acquistare anche i servizi finanziari di Amazon.

Va da sé, allora, che una buona strategia di comunicazione è indispensabile per una startup del fintech che voglia arrivare al successo e mantenerlo e per metterla a punto ci sono cinque regole d’oro, secondo esperti di settore e PR digitali. E sono regole d’oro che nascono, nella maggior parte dei casi, dall’aver osservato come in questi anni quello che le startup fintech hanno sbagliato sia stato soprattutto il modo di presentarsi agli stakeholder, cercare visibilità, fare newsjacking.

Cinque regole per una (buona) comunicazione delle startup fintech

La prima regola ha a che vedere con il puntare più sulle redazioni che sul buzz social. Non solo perché social e ambienti digitali sono più esposti al rischio fake news e misinformazione o, al minimo, sono posti in cui le voci si affollano ed è difficile differenziarsi dai propri competitor . Le redazioni professionali hanno, soprattutto, una più razionale divisione del lavoro e giornalisti o collaboratori specializzati per argomenti e con maggiori competenze tematiche, oltre che un codice deontologico da seguire.

La seconda regola, non meno importante, ha a che vedere con l’affidarsi a dei professionisti. Vale in qualsiasi settore: l’area marketing e comunicazione è così strategica per una startup o per un nuovo business che affidarla a dei dilettanti è un errore imperdonabile. Nel caso specifico, tra l’altro, secondo Ferrero Comunicazione, un giornalista su due ha lamentato l’incapacità delle startup fintech di valutare la notiziabilità di un tema cosa che si traduce, a sentire oltre il 40% dello stesso campione, in materiali dallo scarso valore, incompleti e difficilmente utilizzabili nella costruzione di piani editoriali e palinsesti.

Il rimedio – per venire alla terza regola – sarebbe un linguaggio chiaro, immediatamente comprensibile anche a chi non abbia conoscenze o skill specifiche, privo di tecnicismi e d’appeal anche al grande pubblico.

Privacy e un corretto trattamento dei dati personali, conforme alle più recenti norme vigenti, sono essenziali poi quando di mezzo c’è un servizio finanziario, sebbene nella sua versione 4.0. Trasparenza, però, per una startup fintech può significare anche rendere disponibili, e facilmente leggibili anche nelle forme, i propri bilanci. Il racconto, lo storytelling aziendale, può non bastare infatti per conquistare credibilità e fiducia.

Ultimo ma non per importanza, un principio chiave per il successo nella tecnofinanza è differenziarsi, e farlo davvero. Inseguire un leader di mercato, infatti, può non essere sempre la strada giusta, soprattutto se le differenze tra prodotti o servizi sono minime o riguardano piccole migliorie tecniche (un servizio più veloce, commissioni più basse di pochi centesimi, ecc.) che tendono a non essere percepite come rilevanti da parte degli utenti finali. Per di più, come si accennava, soprattutto in Italia il settore della fintech è ancora tutto da esplorare, con segmenti come il lending o l’insurtech in cui operano ancora pochissimi soggetti e in cui non deve essere difficile, di conseguenza, trovare la propria nicchia di profittabilità.

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