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Starbucks starebbe considerando di abbandonare Facebook (e le altre piattaforme)? I timori del team di Zuckerberg

Starbucks starebbe considerando di abbandonare Facebook (e le altre piattaforme)? I timori del team di Zuckerberg

"BuzzFeed.News" ha pubblicato stralci di una conversazione in cui il team di Facebook si dice preoccupato che la catena di caffè americana possa chiudere la propria pagina e smettere gli investimenti in post sponsorizzati e altre forme di pubblicità sulla piattaforma.

La notizia secondo cui Starbucks lascia Facebook, se confermata, andrebbe a rimpolpare il numero di aziende e personaggi pubblici che hanno rinunciato volontariamente – e non perché “depiattaformizzati” – alla presenza su ambienti digitali non proprietari, poco convinti da alcune dinamiche al loro interno. Al momento di certo, però, c’è soltanto la preoccupazione di Menlo Park che la catena di caffè americana possa effettivamente rinunciare a essere presente con post organici e soprattutto con sponsorizzate e pubblicità sui social della casa, per via del clima d’odio che regna al loro interno.

Se Starbucks lascia Facebook (forse) per via di commenti razzisti e hate speech

È stato BuzzFeed.News a pubblicare stralci di una discussione interna al team di Zuckerberg da cui si evincerebbe che «Starbucks sta mettendo in discussione la propria presenza organica su Facebook e valutando se deve continuare a essere presente sulla piattaforma», dal momento che «ogni volta che pubblica post su vision e mission aziendali o temi sociali (per esempio BLM, LGBTQ, sostenibilità, cambiamento climatico) è sommersa da commenti negativi».

Se Starbucks lascia Facebook sarebbe quindi per via dell’ hate speech che regna al suo interno, hate speech che rischia di mettere in crisi la brand safety della catena e il valore dei suoi messaggi e dei suoi contenuti e rispetto al quale, soprattutto, dalla piattaforma sembrano tardate ad arrivare fin qua soluzioni davvero efficaci. Più volte chi si occupa di community management all’interno della compagnia, del resto, avrebbe segnalato – invano – al team di Zuckerberg difficoltà nel moderare i commenti sotto ai propri post o disabilitarli del tutto.

Sono commenti razzisti, carichi d’odio o di rabbia sotto a post in cui, per esempio, durante il Black History Month la compagnia ha provato a dare voce ai membri della Black community che fanno parte della propria comunità aziendale, raccontandone le storie in molti casi coraggiose anche da un punto di vista imprenditoriale. Quando durante le proteste di piazza dopo la morte di George Floyd Starbucks aveva mostrato il proprio supporto al movimento Black Lives Matter, del resto, si era vista invitare con dei commenti su Facebook ad avere più rispetto per polizia e forze dell’ordine. Ancora con un’iniziativa di employee advocacy aveva lasciato che, durante il giugno dei Pride, fossero i propri dipendenti queer a ringraziare clienti e fan di Starbucks per il supporto mostrato ogni giorno alla community LGTBQI+, non senza ricevere per questo sotto ai post in questione commenti di chi si diceva convinto a non consumare più prodotti del brand da quel momento in poi. Sono solo alcuni degli episodi raccontati da BuzzFeed.News e che provano come siano flaming, linguaggio dell’odio e un clima più genericamente ostile le ragioni per cui (forse) Starbucks lascia Facebook.

Dalla compagnia non è arrivata, infatti, ancora alcuna conferma ufficiale: raggiunta dalla testata una portavoce si è limitata a commentare la paura di Facebook che Starbucks possa cancellare la propria pagina e smettere qualsiasi tipo di investimento pubblicitario rimarcando che la catena è, per missione, contraria a ogni forma d’odio.

Le altre volte in cui Starbucks ha boicottato Facebook (e le altre big tech)

Per questa ragione Starbucks era stata tra i primissimi brand ad aderire già alla campagna #StopHateForProfit, boicottando temporaneamente la pubblicità su Facebook come gesto simbolico contro fake news , notizie manipolate e contenuti carichi d’odio, soprattutto razziale, che circolavano – e continuano a circolare – sulla piattaforma e su cui soprattutto la piattaforma monetizzava e continua a monetizzare.

Più in generale, la catena si era presa in quell’occasione un momento di pausa dagli investimenti in social advertising per riflettere su come e se gli stessi fossero davvero proficui per sé e per gli stakeholder .

Sono precedenti come questi, insieme soprattutto alla consapevolezza che si tratta attualmente di uno dei più grossi big spender, a rendere più preoccupante agli occhi della piattaforma la sola idea che Starbucks lascia Facebook. Volendo far riferimento a qualche dato, secondo BuzzFeed.News la catena avrebbe infatti speso, nonostante la crisi che ha investito il mercato pubblicitario durante la pandemia, oltre 250 milioni di dollari lo scorso anno in pubblicità a livello globale.

Inoltre, in casa Facebook vi è il timore che abbandonare le piattaforme sia il primo step prima di riorganizzare la propria presenza digitale attorno a spazi proprietari, media owned e il tanto discusso private social. È un timore che torna ciclicamente, almeno dai tempi in cui Lush ha abbandonato i social, ma cui fin qui hanno fatto da contraltare i (numerosi) effetti di rete e il vantaggio da first mover di cui godono piattaforme con Facebook e simili.

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