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Pagare per seguire gli influencer sembra essere l'ultimo trend, ma farà bene al settore?

Pagare per seguire gli influencer sembra essere l'ultimo trend, ma farà bene al settore?

Ci sono vere e proprie membership basate sul pagamento di una fee mensile o annuale per avere accesso a profili Instagram mantenuti privati e content creator che compilano liste di "amici stretti" con lo stesso criterio. Perché, però, si dovrebbe voler pagare per vedere cosa fanno in Rete gli influencer?

Non era certo stata prevista tra i trend per l’influencer marketing 2021, ma l’ultima novità del settore sembrerebbe avere a che fare con il pagare per seguire gli influencer sul social visivo di casa Zuckerberg e non solo. Ad approfondire la questione è BuzzFeed.News in un articolo che rivela la presenza su Instagram di numerosi profili privati a pagamento: a gestirli sono content creator professionisti che chiedono alle proprie community una fee – di poche decine di dollari in genere – in cambio dell’accesso a contenuti inediti e originali riguardanti i più svariati argomenti.

Dall’home design al lifestyle, sembra che gli influencer abbiano preso a farsi pagare dai follower per i propri contenuti

Tra gli account che i follower possono pagare per seguire gli influencer che li gestiscono vi è quello di @ashleykanestudio: è dedicato all’home design e alle ultime tendenze in fatto di arredamento e decorazioni per la casa; promette ai follower insight sempre aggiornati e di poter scoprire più da vicino come chi lo gestisce scova piccole chicche con cui arredare i propri spazi anche tra gli oggetti più vintage; ha un costo annuale di quaranta dollari da pagare su PayPal affinché la propria richiesta di following venga accettata, quaranta dollari che che oltre 665 utenti hanno già scelto di pagare (al 26 aprile 2021).

profili Instagram privati a pagamento

Il profilo Instagram di @ashleykanestudio è tra quelli privati ma accessibili sotto pagamento di una fee annuale come ne stanno nascendo numerosi in questo periodo. Fonte: BuzzFeed.News

Anche quello di @theriftwiththemakerista è un account Instagram privato a cui si accede solo previo pagamento di una somma (in questo caso 35 dollari) annuale e da cui si possono avere consigli su come acquistare abiti di seconda mano di qualità e abbinarli al meglio per valorizzare le proprie forme e il proprio stile.

influencer sperimentano paywall

Su un altro profilo privato disponibile solo pagando una quota annuale di 35 dollari si possono ottenere consigli su come acquistare abiti di seconda mano di qualità e abbinarli al meglio. Fonte: Instagram/@thriftwiththemakerista

Moda e lifestyle, soprattutto quando declinati nella versione di guide e consigli pratici da parte di figure considerate d’ispirazione, sembrano essere del resto i campi in cui l’idea di pagare per seguire gli influencer attualmente funzioni di più, anche se, come si accennava, di profili Instagram a pagamento ne esistono nei più diversi ambiti.

Non solo profili privati accessibili a pagamento: gli altri “paywall” sperimentati dai content creator professionisti

A ben vedere, quella dei profili Instagram a pagamento non è la prima trovata con cui influencer, content creator professionisti e personaggi famosi della Rete provano a farsi pagare dai propri follower. Già nel 2019 la BBC raccontava la storia di The Sorted Club, un programma di membership che garantiva l’accesso esclusivo a un’app, un podcast con puntate settimanali e altri contenuti originali a chi, innamoratosi su YouTube dei contenuti di Sorted Food, il (quasi) omonimo canale culinario, fosse disposto a pagare per riceverne di sempre aggiornati e appositamente creati.

Come raccontava VOGUE Business all’inizio del 2020, dopo che su Instagram è stata introdotta in via definitiva la funzione che permette di inserire in una lista di amici stretti” solo una selezione di follower, alcuni influencer e personaggi famosi avevano cominciato a utilizzare la stessa per creare contenuti esclusivi da condividere sotto pagamento. L’instagramer @carolinecalloway, l’artista visivo autore dei – molto apprezzati – meme di @sighswoon, ma anche profili come quello di @thingtesting che si occupano di recensire prodotti e novità appena arrivati in commercio erano stati tra i pionieri in questo senso dimostrando che c’è gente disposta a pagare gli influencer e che l’influencer marketing è ormai un mercato maturo, forse più che maturo, almeno per come abbiamo imparato a conoscerlo in questi anni, anche e soprattutto per chi prova a farne un’attività professionale e remunerativa.

Pagare per seguire gli influencer dice qualcosa sullo stato di salute dell’influencer marketing?

Fin qui alla domanda “come guadagnano gli influencer?”, soprattutto nel caso di influencer attivi solo su Instagram e che non gestiscono anche un blog per esempio, la risposta è stata infatti attraverso i contratti di collaborazione con i diversi brand e aziende, contratti che quasi sempre prevedono una retribuzione fissa e prestabilita per numero di contenuti realizzati e ormai più raramente si basano invece su formule come quella dello scambio di prodotti o di prodotti in prova gratuita da recensire.

Se gli influencer hanno cominciato a farsi pagare potrebbe essere perché, nonostante i dati più aggiornati sull’influencer marketing confermino che si continua a investire in questo tipo di campagne e la maggior parte delle aziende ha intenzione di allocarvi una quantità di budget crescente nel futuro prossimo, chi produce contenuti professionali per la Rete non è abbastanza soddisfatto di cosa e come ne riceve in cambio. Occorre sottolineare, comunque, che tra gli influencer che hanno cominciato a farsi pagare ci sono perlopiù micro influencer e nano influencer che, al contrario dei big influencer e delle star della Rete, non possono contare tra le forme d’introito anche su merchandising , gadget brandizzati, linee di abbigliamento – o di smalti come nel caso di NooN by Fedez – che vanno a ruba tra i propri fan.

Parlando delle storie a pagamento per una lista di “amici stretti”, per esempio, la già citata @carolinecalloway aveva ribadito di non essere d’accordo che un totale sconosciuto «consumasse» a piacimento, in ogni momento e a costo zero contenuti che richiedevano all’atto della creazione non poco investimento in termini di tempo e altre risorse, anche tecniche: dietro agli scatti perfetti postati su Instagram dagli influencer c’è quasi sempre, infatti, un lavoro di editing, quando non il coinvolgimento di fotografi e videomarker professionisti o, almeno, l’investimento in strumentazioni tecniche professionali.

Far pagare una cifra, anche simbolica, in cambio di contenuti esclusivi potrebbe essere insomma un modo per valorizzare e per far percepire alle proprie community il valore del proprio lavoro, non che da sole non lo facciano.

Davvero ci sono utenti disposti a pagare per seguire gli influencer? E perché?

Molti progetti digitali, tra quelli di maggiore successo, hanno un modello di sostenibilità che si basa sulla formula freemium e prevedono cioè che a fronte di una certa quantità di contenuti fruibili gratuitamente da tutti gli utenti ce ne sia un certo numero, non sempre necessariamente minore, riservato a chiunque paghi una fee mensile, annuale, ecc. o per il singolo contenuto.

Anche piattaforme come Patreon sfruttano di fatto un meccanismo simile: qui i creativi possono trovare finanziatori per i propri progetti e, soprattutto, i singoli utenti possono premiare il tipo di contenuti che più apprezzano o che più trovano in qualche misura utili e premiare chi li crea. Il principio in base al quale in Rete debba essere tutto, sempre e per forza gratis sembra essere ormai ampiamente superato e, anzi, nell’overload di informazioni e contenuti da cui ciascuno è investito ogni giorno, sapere di poter contare su alcune figure di riferimento e sulla qualità del loro lavoro è la ragione per cui sempre più utenti potrebbero voler spendere in programmi di membership o pagare per seguire gli influencer.

Gli influencer “a pagamento” potrebbero contribuire comunque a far alzare l’asticella qualitativa dei contenuti #sponsored, brandizzati o frutto di collaborazioni commerciali, già peraltro notevolmente innalzata in questi anni dalla necessità per i singoli creator di far emergere il proprio contenuto tra quelli, numerosi, degli altrettanto numerosi colleghi. Quando sapranno che c’è qualcuno che sta pagando per seguire il proprio account o le proprie Storie su Instagram, influencer e content creator con ogni probabilità presteranno ancora più attenzione a diversi aspetti formali e contenutistici capaci di rendere le proprie pubblicazioni davvero di valore per il tipo di pubblico a cui si rivolgono.

Già da qualche tempo, come sottolineavano alla BBC gli stessi creatori di The Soarted Club, tra chi si occupa per professione di contenuti per il web sembrava esserci la consapevolezza di aver inconsciamente appiattito il proprio lavoro verso un’asettica soddisfazione delle regole delle piattaforme e delle grammatiche che all’interno di ciascuna di essa rendono più o meno di successo un contenuto.

Alla viralità e alle vanity metrics si è sacrificata spesso la possibilità di offrire ai propri follower contenuti davvero creativi e inediti, eventualmente trovando uniche “vie di fuga” per allenare la propria creatività su piattaforme nuove (come Clubhouse che fin da subito ha attratto influencer, piccole e grandi star della Rete, content creator di ogni sorta). Ora però che deludere la propria community o una sua parte non vuol dire tanto perdere qualche manciata di follower quanto vedere potenzialmente intaccate le proprie entrare a fine mese, si potrebbe tornare a progettare contenuti che siano innanzitutto di valore per chi ne fruisce.

Gli influencer “a pagamento” cambieranno anche gli investimenti nel settore?

Vogue Business ha provato a indagare cosa significherà per i brand la possibilità di pagare per seguire gli influencer. Esclusa di fatto l’ipotesi che fee e abbonamenti annuali o mensili o pagamenti dei follower per i singoli contenuti possano diventare l’unico introito per gli influencer e che diventi presto impossibile, cioè, chiudere partnership con gli stessi, il risultato potrebbe essere anche in questa prospettiva virtuoso.

Quando chi si occupa di creare contenuti per la Rete non ha più la pressione di dover chiudere quante più collaborazioni possibili in modo da raggiungere a fine mese un certo numero di entrate, è più probabile che prevalgano le partnership di lungo periodo, di prassi quelle per cui le aziende riescono ad assicurarsi la più completa concordanza di valori e visioni con gli influencer coinvolti e che l’influencer più che un semplice influencer sia di fatto un vero e proprio brand ambassador.

Ciò assume un significato particolarmente rilevante anche in un quadro che è quello di influencer che hanno cominciato a essere sempre meno esperti di una singola materia o trend setter in un singolo campo e sempre più dei veri e propri role model per le proprie community.

Pagare per seguire gli influencer: la risposta delle piattaforme

Gli unici veri ostacoli alla possibilità di pagare per seguire gli influencer sembrano essere venuti fin qui dalle piattaforme. Gli account Instagram privati a pagamento, ricorda ancora BuzzFeed.News, sono infatti un’esplicita violazione delle regole del social e anche le storie destinate agli “amici più stretti” servivano in origine per affrancarsi dall’estetica patinata dei finsta e dei feed curati alla perfezione e in ogni singolo dettaglio.

Qualcosa, però, sembra si stia muovendo anche in questo senso. Oltre ai programmi di mentorship con cui alcune piattaforme, da TikTok al nuovo Soundibites di Facebook, remunerano i top content creator per garantirsi contenuti originali, creativi, di qualità e capaci di attrarre nuovi iscritti, i gestori delle piattaforme sembra stiano sperimentando funzioni diverse che permettano ai creativi di essere retribuiti direttamente dai propri seguaci.

Nelle dirette su Facebook si possono assegnare delle stelle a chi è live per mostrare apprezzamento e, soprattutto, trasformare il proprio apprezzamento in un guadagno concreto per il primo. E, ancora, per la nuova impostazione “clone” di Clubhouse, le Live Audio Rooms, Facebook sembra aver previsto anche la possibilità di creare delle Stanze accessibili solo a pagamento. Su Twitch, invece, chiunque può comprare item con cui premiare i propri creator preferiti e meccanismi simili esistono anche su TikTok. WeChat, dal canto suo, è stata la prima app a permettere agli utenti di usare sistemi di paywall simili di fatto a quelli utilizzati da giornali e testate online.

La voce ricorrente che in un futuro prossimo i social possono retribuire gli utenti per quello che fanno al loro interno sembra, insomma, un po’ meno solo una voce: a patto, certo, di ammettere che quella dei gestori sarà ancora solo una “spinta gentile” per provare a cui convincere, di fatto, gli utenti a valorizzare, pagandole, le reciproche attività in Rete.

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