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OVS, H&M e altri brand aderiscono alla Circular Fashion Partnership: verso una moda circolare, partendo dal Bangladesh

La Circular Fashion Partnership, alla quale si sono uniti circa 30 brand, punta a creare un modello di produzione circolare in Bangladesh e a combattere il problema dei rifiuti nell'industria della moda.

La Circular Fashion Partnership, alla quale si sono uniti circa 30 brand, punta a creare un modello di produzione circolare in Bangladesh e a combattere il problema dei rifiuti nell'industria della moda.

L’iniziativa è stata promossa dalla no profit danese Global Fashion Agenda in collaborazione con P4G (Partnering for Green Growth) e da The Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association. Alla Circular Fashion partnership si sono poi uniti diversi player dell’industria della moda, impegnati in un progetto ambizioso: promuovere la transizione verso un sistema di moda circolare partendo dal secondo maggior produttore di abbigliamento dopo la Cina, il Bangladesh.

“made in Bangladesh” potrebbe diventare sinonimo di moda sostenibile?

Da diversi anni ormai l’impatto nocivo dell’industria della moda sull’ambiente è tema di dibattito pubblico a livello mondiale, ma anche oggetto di maggiore interesse da parte dei consumatori, sempre più consapevoli e attenti alla sostenibilità. Tra le principali criticità ci sono la sovrapproduzione, il consumo smisurato di nuovi capi, lo spreco di risorse e l’inquinamento dovuto in particolare alle difficoltà di smaltimento dei capi: si stima infatti che ogni anno vengano prodotti oltre 100 miliardi di capi ma soltanto circa l’1% di questi verrebbe riciclato e trasformato in nuovi capi, data la complessità del processo.

Tra gli obiettivi del progetto Circular Fashion Partnership c’è quindi ridurre l’accumulo di stock nei principali paesi esportatori di abbigliamento, problema questo aggravato dalla pandemia. In una fase iniziale il progetto si concentrerà sul Bangladesh, dove ogni anno i rifiuti tessili corrispondono a più di 400mila tonnellate. Grazie al supporto di produttori, brand di moda e aziende specializzate in riciclaggio, il progetto punta all’implementazione di nuovi sistemi che consentano di trasformare i rifiuti creati in nuovi prodotti tessili, con un impatto positivo a livello ambientale, ma senza trascurare l’eventuale impatto economico sul Paese in questione.

Anche se buona parte dello stock accumulato nei paesi esportatori spesso finisce per essere incenerito o per essere gettato nelle discariche, una parte consistente potrebbe invece essere riciclata e usata per la produzione di nuovi capi. Per questa ragione, l’iniziativa in questione punta all’aumento dell’uso di fibre riciclate, obiettivo che tenderebbe inoltre a generare «dei benefici economici in Bangladesh, dati dall’accelerazione del mercato del riciclaggio delle fibre», come si può leggere sul sito di Global Fashion Agenda.

«Poiché le fabbriche del Bangladesh producono dei capi in grandi quantità, i loro rifiuti sono standardizzati, rendendone più semplice la relativa gestione» ha dichiarato a Reuters Miran Ali, direttore della Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association. Per questa ragione, il paese potrebbe diventare un «leader mondiale nel campo dell’economia circolare».

Anche se il primo piano d’azione della Circular Fashion Partnership si concentrerà su questo Paese, l’obiettivo è replicare lo stesso modello, in futuro, in altri paesi esportatori d’abbigliamento, come Vietnam e Indonesia.

i player COINVOLTI nella circular fashion partnership e cosa la rende “speciale”

A rendere questo progetto particolarmente interessante è l’unione di differenti player importanti appartenenti all’industria della moda, che possono offrire differenti contributi: come sottolineato in precedenza, ad aderire alla Circular Fashion Partnership ci sono importanti aziende di produzione di abbigliamento (come Knit Asia o Asrotex Group per esempio) ma anche imprese specializzate nello sviluppo di tecnologie di riciclaggio innovative (come Birla Cellulose e BlockTexx, tra le altre). Per quanto riguarda invece i brand di moda che si sono uniti al progetto, ci sono diversi nomi ben noti.

È possibile partire per esempio da OVS, l’unico brand italiano che ha aderito alla Circular Fashion Partnership per il momento e che, in un comunicato pubblicato il 19 febbraio 2021, ha annunciato di aver già coinvolto «alcuni fornitori chiave per la raccolta degli scarti tessili degli scarti tessili che saranno trasformati in filati e tessuti per le prossime collezioni». L’iniziativa si rivela vantaggiosa sotto vari aspetti, poiché l’uso di materiali riciclati consentirebbe non solo di «abbattere gli impianti di produzione degli stessi» ma anche di eliminare il bisogno di «nuovi processi di tintura, grazie all’utilizzo di scarti già colorati».

Oltre a OVS, diverse altre multinazionali hanno aderito all’iniziativa, tra cui Bershka, C&A, H&M Group, Marks & Spencer e Pull & Bear, in uno sforzo comune per promuovere un settore fashion più sostenibile.

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