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Like for like. Categorie, strumenti e consumi nella social media society

"#LIKEFORLIKE" è l'analisi di una comunicazione social dove tutto è un "like for like", in una logica del baratto espressa con un hashtag.

EDITORE Rogas Edizioni
PUBBLICATO 2018
EDIZIONE
PREZZO 16,33 su Amazon
PAGINE 200
LINGUA italiano
ISBN/ISSN 8899700222
AUTORE
A. Amendola, N. Troianiello, S. Castellano
VALUTAZIONE Inside Marketing
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Recensione Inside Marketing

Un hashtag largamente utilizzato su Instagram diventa il titolo di un libro, “#LIKEFORLIKE“, che cerca di indagare come sono cambiate le attività di consumo mediale e cosa si nasconde dietro a una comunicazione social orientata, appunto, al like for like o, detto altrimenti, al dare un segno di apprezzamento, chiedendo in cambio di essere a propria volta apprezzati.

Gli autori – Alfonso AmendolaSimona Castellano e Novella Trioaniello – sono esperti e studiosi di sociologia e comunicazione e nelle pagine da loro scritte guardano con spirito critico e analitico alle pratiche comunicative sociali che si esprimono attraverso azioni e atteggiamenti sui social, per individuare – come esplicitato nel sottotitolo – “categorie, strumenti e consumi nella social media society“.

Dal passato al presente dei media

Questa indagine prende il via da un primo capitolo, scritto da Alfonso Amendola, in cui si inquadrano i social network all’interno dell’evoluzione mediatica.

Un confronto con la nascita della radio, ad esempio, è volto a evidenziare come questa sia praticamente entrata nelle case delle persone facendo percepire il medium – e la voce di chi arrivava attraverso esso – in un modo molto familiare, proprio come è accaduto e accade con i social network, parte costante della nostra quotidianità, tanto da essere percepiti come una vera e propria estensione di noi stessi.
Sono marcate ovviamente le dovute differenze tra i due media, ma il parallelismo è efficace rispetto all’intento di voler «collocare i processi culturali all’interno di un contesto storico e sociologico ben definito».

Non si è, quindi, nella visione dei tecnoentusiasti, bensì in una prospettiva di analisi che definisce una traccia continua ma non lineare nello sviluppo dei media – partendo da quelli precedenti anche alla radio stessa –, per comprendere quali aspetti di quelli vecchi si ritrovano nei social network e quali sono, invece, quelli che marcano una netta differenza rispetto a essi. Si lascia, poi, uno spazio aperto al pensare a tutte le possibilità che i social network potrebbero ancora offrire in diversi ambiti (economici e aziendali quanto culturali e pedagogici).

Convergenza, ibridazione, user generated content  sono allora le parole chiave di una rivoluzione tecnologica e comunicativa che ha portato anche a una ridefinizione delle relazioni, dei confini esistenti precedentemente nel rapporto tra utente e azienda, nonché delle dinamiche informazionali, giornalistiche e politiche.

Perché #likeforlike e non altri hashtag?

Si può quindi dire che tutto passa attraverso una comunicazione social che è live, direttaguidata dagli hashtag  e che permette la creazione di veri e propri palinsesti personalizzati. Un tipo di comunicazione che si manifesta in modo particolare su Instagram, una delle piattaforme più utilizzate da diversi anni. Ed è per questo che il libro “#LIKEFORLIKE” è focalizzato proprio sull’analisi di questo social network e non su altri.

La scelta dell’hashtag da parte degli autori è stata fatta, di conseguenza, tra quelli più usati sulla piattaforma ed è ricaduta su #likeforlike perché, rispetto ad altri – come #happy o #beautiful o #love, che pur sono una manifestazione del piacere –, comunica meglio la ridondanza, l’autoreferenzialità e la ricerca di uno scambio reciproco, tipici di diverse azioni social quali like, condivisione e commento. #likeforlike è quindi l’hashtag che si fa portatore di ulteriori, numerosi e rilevanti significati, che sono alla base di molte delle azioni compiute dagli utenti sui social, prime fra tutte il voler richiamare esplicitamente l’attenzione dell’altro seguendo la logica dello scambio, del baratto.

In che modo si eprime il like for like?

Per innescare lo scambio e attrarre l’attenzione si parte dal presentarsi agli altri nel migliore dei modi, cercando di rendere il proprio profilo quanto più possibile gradevole per il proprio pubblico.

Si tratta di una costruzione della propria identità online che è realizzata adeguandosi a uno specifico format – che definisce il linguaggio da usare e la forma comunicativa appropriata nello spazio della piattaforma –, seguendo soprattutto principi dicoolness” (ovvero dell’essere cool).

In questo processo si manifesta da un lato la centralità del corpo umano come strumento di comunicazione dei tratti della personalità – si pensi al dilagare dei selfie – e dall’altro il proporsi come persone trasparenti, soprattutto attraverso le Stories che danno accesso a una serie di aspetti della propria vita privata – e del “dietro le quinte” – dai quali altrimenti si resterebbe tagliati fuori. L’obiettivo è quello di dare per avere: dare agli altri curiosità e dettagli sulla propria vita “cool”, ottenendo in cambio visualizzazioni, like, anche oltre la propria cerchia di conoscenze, per cercare nuovi follower e accrescerne sempre più il numero.

Come precisa Novella Troianiello nel secondo capitolo, però, va notato che «ogni aspetto condiviso della vita quotidiana espone le proprie emozioni allo sguardo altrui, ponendo il soggetto in una sorta di “congelamento emozionale” per il quale egli si distacca da esse trasformandole piuttosto in oggetti da esibire in vetrina».

attività social come pratiche nostalgiche?

Nel terzo capitolo la stessa autrice focalizza l’attenzione su alcune delle pratiche che più sono messe in atto dagli utenti nelle loro condivisioni social, in questo processo di estetizzazione, rintracciando una comune matrice nostalgica, un fil rouge tra tendenze e tecniche del passato e del presente.

Nel diario di Facebook, ad esempio, rintraccia dei legami con il diario di scuola, in cui si inserivano figurine, frasi, ritagli di giornale, ecc., e il tutto non era intimo o privato perché si era consapevoli che sarebbe stato alla portata dei compagni di classe e, in fondo, tutto era fatto anche proprio con il desiderio che fosse visto.

Inoltre, si potrebbero elencare le tante icone rimediate dai Millennial e reinserite sul mercato dopo moltissimi anni – è il caso, solo per fare un esempio, dei fenicotteri rosa, espressione tipica delle decorazioni dell’Art Déco –, così come le tecniche di scatto o di utilizzo dei filtri su Instagram che richiamano le impostazioni e le caratteristiche di opere di artisti del passato.

Non si può non sottolineare, comunque, che resta invariato il legame con la memoria che la fotografia ha già di per sé e anche per questo è inevitabile che ci sia soprattutto su Instagram una sorta di effetto nostalgico nelle condivisioni.

Come cambiaNO LE ATTIVITà DI CONSUMO TRA SOCIAL TV, VISUAL JOURNALISM, INFLUENCER

Non si tratta solo di una riproposizione di elementi tipici di altri media o di icone e fenomeni del passato: come precisato prima, i social network hanno caratteristiche e potenzialità uniche. Ne parla dettagliatamente Simona Castellano nel quarto e quinto capitolo: da un lato individua i punti cardine delle novità che si sono avute in tanti settori comunicativi con Instagram; dall’altro si sofferma sulla diversa connotazione che ha assunto il concetto di merce – e, di conseguenza, ogni attività di consumo – con il diffondersi degli smartphone e di una modalità di esistenza perennemente connessa.

La social tv, che cambia la posizione dello spettatore, trasformandolo in un prosumer, si associa spesso a un social network come Twitter, ma è un fenomeno che trova spazio anche su Instagram, per esempio con il commento live ai programmi trasmessi in tv o con la creazione di meme e condivisioni di citazioni: è questo il caso, solo per citarne uno, dell’account Instagram @trash_italiano, «la cui bio recita “Il trash a portata di Instagram”» e che «in maniera emblematica, raduna al proprio interno una serie di immagini, video, meme provenienti dal contesto televisivo (trash) italiano, facendo dell’ironia il proprio tono di voce».

La piattaforma, d’altro canto, cerca di assecondare sempre più il piacere che trovano gli utenti a immergersi in ambiente ibridi e transmediali e ne è un esempio l’aver introdotto, dopo le Stories, anche la IGTV, dando l’opportunità di creare una propria televisione individualizzata e di fare zapping tra i canali creati da altri utenti.

E va da sé che i contenuti, sempre più numerosi, creati dagli utenti diventano anche utili a brand e soggetti business, con i quali vengono totalmente stravolti i rapporti rispetto al passato: si pensi, ad esempio, alla brand loyalty che fa sì che brand advocate si facciano ambasciatori spontanei e volontari.

Cambia, con Instagram, anche il giornalismo, che si connota come visual journalism, un tipo di giornalismo sempre più diffuso e immediato, che sfrutta anche le Stories, con la creazione di un giornalismo unconventional che ha molto successo soprattutto tra i Millennial.

Ben analizzato da Simona Castellano, infine, anche un fenomeno figlio dei social network, quello del successo degli influencer , che hanno dato vita a una nuova forma di divismo. A questi è dedicato quasi interamente l’ultimo capitolo del libro, in cui è analizzato il modo in cui gli influencer creano tendenze e mode e il loro rapporto con i brand, con la nascita di una nuova forma pubblicitaria che passa per contenuti sponsorizzati o #sponsored e pratiche di pubblicità occulta.

altri dettagli del libro e il target di riferimento

“#LIKEFORLIKE”, insomma, indaga in maniera alquanto completa ed esaustiva le categorie e gli strumenti nella social media society, rispondendo perfettamente alle aspettative create da titolo e sottotitolo.

Si può affermare che il libro è nel complesso ben scritto e reso ancor più completo da un breve glossario a fine testo che chiarisce alcuni termini più tecnici o settoriali, ma non si può non notare che i riferimenti teorici nel testo risultano a tratti eccessivi, tali da rendere la lettura poco scorrevole in alcuni punti, specie in alcune pagine centrali, dove i contenuti risultano talvolta leggermente ridondanti.

Una simile struttura, però, per certi versi potrebbe rispondere all’intento – esplicitato nella premessa – di rivolgersi innanzitutto a studenti universitari (anche se probabilmente dovrebbero già avere buone basi sociologiche e comunicative, ndr), oltre che a professionisti e appassionati che vogliano conoscere più a fondo quali sono i diversi aspetti dei social network.

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