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Adoro! Come costruire un brand di cui la gente andrà pazza

Nel libro "Adoro!" Emily Heyward, grazie alla propria esperienza da consulente di agenzia, dà agli startupper consigli di branding e ispirazione.

EDITORE Roi Edizioni
PUBBLICATO 2020
EDIZIONE
PREZZO 22,80 su Amazon
PAGINE 224
LINGUA italiano
ISBN/ISSN 8836200087
AUTORE
E. Heyward
VALUTAZIONE Inside Marketing

Recensione Inside Marketing

Sono talmente tanti i fattori che gli startupper devono tenere in considerazione prima di trasformare la propria idea imprenditoriale in business – e per poterlo fare – che, spesso, rischiano di dimenticare il più importante: dar vita al brand e farlo «prima del giorno uno». Il libro “Adoro! Come costruire un brand di cui la gente andrà pazza” di Emily Heyward, edito da roi Edizioni, vuole essere così, anche grazie a esempi e case study provenienti dall’esperienza in agenzia dell’autrice, una sorta di promemoria – e guida pratica, allo stesso tempo – sull’importanza del branding per le startup.

Eccitati all’idea di far diventare finalmente realtà qualcosa in cui investono da tempo, anche gli startupper non proprio alla prima esperienza possono dimenticare, infatti, che di modelli di business davvero innovativi (alla Google, per intendersi), ne esistono pochi e che anche promettere qualcosa di semplicemente più pratico o più funzionale rispetto a prodotti e servizi già esistenti e affermati sul mercato (come quando si cercò di vendere la prima famosa automobile Ford come il cavallo più veloce), può non bastare più ad avere successo.

Un po’ di teoria sul branding a prova di startup, ma senza fare teoria

Partendo da queste premesse, nel libro “Adoro!” Emily Heyward sviscera una serie di concetti ben noti a chi si occupi di teorie del brand: dall’importanza del naming e dell’identità visiva, a come riuscire a trasformarsi in love brand che siano «un atto di generosità [verso il consumatore] e non di autocompiacimento», passando per il colpo di fortuna di trovare un brand champion che per primo si innamori del brand e se ne faccia ambasciatore e, ancora, per la necessità di entrare sempre, in ogni fase di vita del business e soprattutto all’inizio della propria storia aziendale, in risonanza emotiva con i propri target attuali o prospect . Il tutto senza che di teoria ce ne sia l’ombra: “Adoro!” tutto è, infatti, tranne che un manuale o un prontuario da cui si possa imparare a fare l’imprenditore.
A tratti si potrebbe avere, anzi, persino l’impressione che l’autrice sia della nutrita schiera dei convinti che imprenditori si nasca e che le doti di un buon imprenditore siano per lo più innate. Questo non vuol dire comunque che l’aspirante startupper non vada motivato e, soprattutto, ispirato. I tanti casi concreti che, come già si accennava, la Heyward presenta sono, così, per lo più casi di startup partite non esattamente con il piede giusto ma che, con l’aiuto di professionisti, hanno corretto il tiro e sono riuscite ad aggredire mercati anche molto competitivi.

Se a qualcuno dovesse venire a questo punto il dubbio che il saggio sia una straordinaria operazione promozionale a favore di chi di mestiere fa il brand consulent o affini, è un dubbio presto fugato dalla frequenza in cui nel libro “Adoro!” si torna a parlare di Airbnb, Amazon, Apple. Sono big brand a cui è ora difficile pensare come a delle startup ma che, stando almeno a un certo storytelling romantico della Silicon Valley, lo erano un tempo, prima di diventare marche che la gente non ama semplicemente, ma letteralmente adora.

Il libro “Adoro!” è l’ispirazione giusta per startupper intraprendenti e motivati

Se si può definire quello di Emily Heyward un saggio motivazionale, insomma, è perché, sebbene tolga subito ai potenziali startupper l’illusione che di Larry Page e Sergey Bring ne nascano in (quasi) ogni garage, continua a incoraggiarli, pagina dopo pagina, nello sforzo di creare brand che non siano semplicemente amati ma da cui le persone possano essere ossessionate, capaci di rappresentare per loro una vera e propria mania.
O, perlomeno, li incoraggia a provarci, anche grazie a consigli e tips pratici che in “Adoro!” sono sparsi qua e là mentre vengono raccontati casi di successo – e più raramente di insuccesso – di semplici startup che hanno provato a diventare brand e di startupper alle prese con il proprio personal branding . Può darsi, insomma, che l’importanza di costruire un brand che i consumatori percepiscano e siano orgogliosi di eleggere come il proprio brand di calzature sportive trapeli solo velatamente dalla storia di una delle tante startup del fashion raccontate dal saggio e che lo stesso avvenga per quanto riguarda la necessità di costruire sistemi di valori condivisi con le proprie community, piuttosto tra le righe se il caso analizzato è quella di un brand di assorbenti che ha rotto il tabù delle mestruazioni con i suoi messaggi pubblicitari.

Adoro!” è in buona sostanza un libro per lettori attenti e deduttivi e adatto soprattutto a futuri startupper che, per deformazione professionale, dovrebbero essere capaci di leggere le opportunità che vengono dal mercato, imitare successi e vittorie degli altri e imparare dalle storie degli altri, soprattutto quando sono storie di errori da evitare.

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