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Ballando con l'apocalisse.

I nuovi cittadini, i nuovi brand, i nuovi mondi nell’era dei cambiamenti catastrofici

In "Ballando con l'apocalisse" Andrea Fontana aiuta brand e aziende a capire come resistere e reagire ai cambiamenti catastrofici in atto.

EDITORE Roi Edizioni
PUBBLICATO 2020
EDIZIONE
PREZZO 13,60 su Amazon
PAGINE 115
LINGUA italiano
ISBN/ISSN 8885493866
AUTORE
A. Fontana
VALUTAZIONE Inside Marketing
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Recensione Inside Marketing

Che sia ormai tempo di attivismo di brand lo hanno dimostrato le scelte sempre più sostenibili delle firm di moda sulle passerelle, innumerevoli campagne contro l’inquinamento da plastica, progetti e iniziative di responsabilità sociale che provano a superare nei fatti il gender gap in ambito lavorativo e non solo. A contestualizzare su un piano storico-sociale questo bisogno di brand activism , così, ci pensa Andrea Fontana in un saggio dal titolo eloquente: “Ballando con l’apocalisse. I nuovi cittadini, i nuovi brand, i nuovi mondi nell’era dei cambiamenti catastrofici” ( roi edizioni, 2020).

Dal climate change all’ondata di rivolte in Centro America, passando per come i governi democratici stanno affrontando l’emergenza coronavirus, ogni giorno vivremmo piccole e grandi «apocalissi culturali» che richiedono soprattutto di cambiare il paradigma con cui interpretiamo il mondo.

È come se ogni giorno, riflette lo studioso, fosse per questioni di natura diversa un “giorno del giudizio universale“: non si può pretendere che l’emotività del cittadino-consumatore non ne risulti chiamata in causa, né si può cercare di organizzarla o controllarla; piuttosto ci sono molti soggetti, e brand e aziende sono senza dubbio tra questi, che possono – e, anzi, hanno il dovere di – reagire ballando con l’apocalisse.

Rischiare ballando con l’apocalissE: delle buone pratiche per i brand

Se si mantenesse solo su un piano teorico, il ragionamento di Fontana rischierebbe di risultare fin troppo astratto e metaforico (ed è, forse, un rischio più che concreto almeno alle prime pagine). Quando dal piano teorico si passa però a quello applicativo e ad analizzare, cioè, come grandi brand abbiano già intrapreso la sfida della “human transformation“, il tutto si fa più concreto e più che di fronte a un saggio si ha l’impressione di essere davanti a un piccolo bignami di buone pratiche per le aziende.

Che c’entra un personaggio da Oscar come il nuovo Joker di Todd Phillips con la campagna “Secured by Knox” di Samsung o con l’emozionante spot di Huawei che ricorda che «è tutto nelle tue mani»? In tutti e tre i casi ci sono in gioco delle “ferite”: la malattia mentale e l’incapacità della società di accettarla, la vulnerabilità di dispositivi come gli smartphone che ci portiamo ogni giorno addosso, l’impatto distruttivo sulla diversità ambientale che può avere persino un gesto piccolo come scattare una foto a un animale. I nuovi consumatori sono sensibili a queste – e innumerevoli altre – ferite, come dimostrano tra l’altro i sempre più consapevoli consumi dei giovanissimi della Gen Z, ed è per questo che i brand non possono più ignorarli.

Se solo poco tempo fa lo stesso autore suggeriva per lo storytelling aziendale il paradigma delle “storie che incantano“, ora sembra suggerire un nuovo incanto, un viaggio dell’eroe diverso per la meta e nelle tappe e che non ha più al centro tanto il successo e il raggiungimento di un agognato oggetto del desiderio, quanto il momento cruciale della sfida. Ancora una volta, il rischio concreto è che il filo del ragionamento di “Ballando con l’apocalisse” risulti un po’ astratto e di non concreta applicazione a chi non frequenti il mondo della narrazione d’impresa.

A tutti gli altri, Fontana offre regole chiare e semplici per sopravvivere come brand a un’Apocalisse di cui ci sono già visibilissimi i segnali, dopo la quale il mondo sarà molto più creativo e controfattuale di come riusciamo a immaginare. Molto presto, scrive l’esperto – con ogni probabilità guardando, tra l’altro, a come sono già cambiate abitudini di consumo e scelte legate al brand dei più giovani – i consumatori avranno bisogno di «istituzioni e marchi coraggiosi che rappresentino qualcosa di più grande dei prodotti o delle idee che vendono […] che incarnino un ethos ispiratore, portino un punto di vista esistenziale forte e agiscano per avere un impatto positivo nel mondo». A parlare per inglesismi che piacciono così tanto agli addetti ai lavori, l’imperativo per gli anni a venire sarà trasformarsi in fate-sharing organization e rafforzare la propria brand bravery. Ossia, se si vuole fare marketing ballando con l’apocalisse è indispensabile trasformarsi nell’impresa, nel brand con cui il consumatore vuole ed è desideroso di condividere un destino – meglio se il brand purpose – e, ancora, mostrarsi capaci di scelte coraggiose anche davanti a temi caldi di attualità, per quanto controversi.

La sfida è già in atto e, com’è forse giusto che sia, quello di Fontana è un saggio che apre più domande di quante risposte sia capace di fornire.

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