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Davvero gli italiani comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati?

Italiani comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati

Secondo una ricerca, gli italiani comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati e non sono i soli in Europa.

Prendere posizione – e, ancor meglio, passare dalla corporate diplomacy ad azioni concrete – premia le aziende, anche quando in gioco ci sono temi complessi e polarizzanti come flussi migratori e accoglienza dei rifugiati. Una ricerca condotta da Tent in collaborazione con la New York University avrebbe dimostrato, per esempio, che gli italiani comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati provenienti da altri paesi, come fa del resto la maggior parte degli europei.

Condotto su Italia, Germania e Francia, “In che modo il sostegno ai rifugiati aiuta anche i brand” (questo il titolo dello studio) ha mostrato che ci sono diverse azioni che un’azienda può intraprendere a sostegno degli stranieri che arrivano nel paese alla ricerca di rifugio politico, dalle iniziative filantropiche e che rientrano nei programmi di CSR alla fornitura di servizi e assistenza ad hoc, passando per l’assunzione, e soprattutto che ciascuna di queste non fa che aumentare la propensione del singolo consumatore a sostenere a propria volta il brand , acquistandone a un livello zero prodotti o servizi. Ci sono, in questo senso, delle caratteristiche che accomunano tutti gli europei intervistati: più giovani sono i consumatori o più alto è il loro reddito, per esempio, e più la scelta ricade verso aziende che intraprendono azioni a favore dei rifugiati e i loro prodotti.

Gli italiani comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati: in che occasione? E perché?

Più nel dettaglio, gli italiani comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati in misura leggermente maggiore rispetto a quanto avvenga per i consumatori di Francia e Germania e nonostante, tra l’altro, un clima politico nel Paese fortemente polarizzato proprio in materia di accoglienza. Per più di un italiano su due sarebbe più probabile, infatti, acquistare prodotti o servizi da aziende che hanno integrato la questione rifugiati nella propria vision aziendale, mentre solo per il 15% dei consumatori nostrani ciò rappresenta un freno. Interessante nello studio di Tent è, però, guardare anche alle azioni intraprese dai brand che, più di altre, convincono i consumatori a preferirli a chi opera nello stesso settore ma senza aver preso una posizione chiara in materia di rifugiati: gli italiani apprezzerebbero soprattutto le donazioni e l’investimento in servizi, anche di natura finanziaria, appositamente rivolti ai rifugiati, così come il sostegno ai numerosi imprenditori che si trovano tra loro e alle attività business di questi ultimi.

Quali italiani comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati però? Tracciarne un profilo demografico significa osservare innanzitutto che, come del resto avviene anche in Francia e Germania, sono soprattutto i più giovani ad apprezzare – e a pretendere quasi, in certe occasioni – l’impegno sociale delle aziende: tra i 18 e i 35 anni, infatti, la probabilità che si acquistino prodotti e servizi di un’azienda che abbia piani di CSR e, più in generale, sia promotrice di iniziative a favore dei rifugiati sale all’82% e tutto lascia immaginare, sottolineano da Tent, che questa percentuale sia addirittura maggiore per gli under 18 e i membri più piccoli della Gen Z, consumatori notoriamente propensi ad acquistare da aziende e brand che trovano d’ispirazione e dai cui valori si sentono rappresentati. Anche il reddito conta in questa prospettiva: mentre in Francia e Germania chi ha un reddito maggiore è lievemente più propenso rispetto a chi ha un reddito più basso a sostenere la causa dei rifugiati, facendo acquisti da brand che si dimostrano a loro volta sensibili al tema, in Italia avviene il contrario. Le donne più degli uomini – con più di dieci punti percentuali di differenza – e i consumatori delle regioni del Centro Sud più che del Nord considerano il supporto ai rifugiati una discriminante critica nella scelta di un brand al posto di un altro. Va da sé che anche la posizione politica del singolo conta in questo senso: generalizzando molto, in tutti e tre i paesi chi vota a destra è meno propenso a considerare l’impegno a favore dei rifugiati una ragione per scegliere un brand o un altro, cosa che avviene invece con gli elettori di sinistra. Tra gli italiani che comprano di più dalle aziende che aiutano i rifugiati, però, ci sarebbero anche elettori di destra, soprattutto quando l’aiuto fornito dall’azienda assuma la forma, per esempio, di assunzioni all’estero.

Sostenere i rifugiati paga sempre per un’azienda?

A ben guardarlo, lo studio in questione svela piccoli bias che permangono anche quando si fanno acquisti simbolici come quelli da brand che abbiano piani di sostegno ai rifugiati. In qualche caso è la nazionalità dei rifugiati a fare la differenza – in Germania, per esempio, ci sono oltre dieci punti percentuali di differenza in negativo tra il gradimento dei programmi a supporto dei rifugiati birmani e quelli dei rifugiati in generale – e più di frequente è la natura del supporto fornito che conta, con l’impegno per l’assunzione all’estero in genere più apprezzato di tutte le misure che incidono sul territorio. Interessante, soprattutto in riferimento all’Italia, è osservare infine come una certa narrativa mediatica incida sulle propensioni di acquisto: se la percentuale di italiani che comprano di più dalle aziende che sostengono i rifugiati infatti è, come si è visto, considerevole, questa si riduce notevolmente se e quando si allarga il campo d’azione dai soli rifugiati a rifugiati e migranti insieme.

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