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Il diritto di accesso ad internet, tra net-neutrality e roaming

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Tra net-neutrality e fine del roaming: una svolta epocale per il diritto di accedere ad internet senza discriminazioni di sorta.

Non molti sanno che il concetto di net-neutrality risale alla seconda metà dell’Ottocento. Infatti, già molto prima dell’avvento di internet si avvertiva la necessità di garantire il passaggio delle informazioni senza particolari limitazioni e discriminazioni attraverso mezzi di comunicazione emergenti come il telegrafo. Negli Stati Uniti si iniziò così a parlare diffusamente di neutralità delle reti, stabilendo all’uopo una regola fondamentale: tutto il traffico su un determinato mezzo di trasmissione (o trasporto) deve essere trattato alla stessa maniera.
L’applicazione della net-neutrality ad internet è, invece, molto più recente, risalendo, appunto, a circa quattordici anni or sono. Fu introdotta per la prima volta nel 2002 dal Prof. Tim Wu – attualmente docente di diritto presso la Columbia Law School di New York – e ripresa l’anno seguente in un saggio nel quale ipotizzava l’introduzione di una specifica normativa capace di combattere le discriminazioni nell’accesso ai contenuti web.

Un concetto, insomma, piuttosto risalente nel tempo che tuttavia ad oggi non ha ancora avuto completa attuazione complici gli interessi economici delle multinazionali del web. Tuttavia, dall’Unione Europea sembra scorgersi uno spiraglio per l’abolizione di ogni discriminazione nell’accesso ai contenuti web.

«Una normativa capace di cui beneficeranno non solo i consumatori, ma le stesse imprese»: è questa la speranza di Andrus Ansip, Commissario Ue per il Digital Single Market e Vice Presidente della Commissione Ue, intervenuto innanzi il Parlamento pochi istanti prima della definitiva approvazione delle regole comunitari in tema di net-neutralità e abolizione del roaming (dal 2017).

Il testo della normativa, secondo i più molto vago, lascerebbe ampi (forse troppi) margini di manovra per i singoli legislatori nazionali che sarebbero dunque investiti del compito di meglio specificarne i contorni applicativi. Secondo Gunther Oettinger – Commissario Ue dell’Economia Digitale – le norme contrasteranno senza limiti sia il blocking (ovvero, la facoltà di negare ad un consumatore l’accesso a un servizio legale), che il throttling (ossia, il rallentamento intenzionale di un servizio di rete da parte di un Internet Service Provider).

Numerose, invece, le voci contrarie tra le quali spiccano BitTorrent, Netflix o Vimeo che, in teoria, da un trattamento preferenziale del traffico dati potrebbero trarne beneficio. Un’ottima sintesi dei problemi sollevati dalla normativa ci è fornita dalla Prof. Barbara van Schewick – docente di diritto presso la Stanford University – che in un post sul proprio blog ha individuato quattro problemi principali da risolvere, per evitare che «l’open internet venga minacciato in Europa»:

  1. Gli Internet Service Provider (ISP) potranno creare corsie preferenziali per le aziende disposte a pagare grazie all’eccezione sui servizi specializzati; di fatto, in mancanza di una trattazione più specifica di cosa siano questi “servizi specializzati”, agli ISP sarà offerta troppo raggio d’azione;
  2. La legislazione pone il problema del cosiddetto “zero-rating“, ossia la pratica adottata da ISP ed operatori mobili di non tariffare, per alcuni specifici piani, il traffico verso specifici servizi o applicazioni che, ovviamente, diventano di maggior interesse per gli utenti, che preferiscono utilizzarle per non intaccare il loro tetto-dati mensile. La nuova normativa permetterebbe alle aziende di pagare gli ISP per far classificare i propri servizi come “zero-rated”, ed anche questa sarebbe una sorta di discriminazione;
  3. Una “discriminazione di classe” potrebbe essere attuata dagli ISP, che potrebbero creare delle categorie di traffico da rallentare o accelerare anche se non si dovesse presentare il problema della congestione prefigurato nel testo. Una classe penalizzata potrebbe essere, ad esempio, quella dei servizi peer-to-peer.
  4. La discrezionalità lasciata agli ISP di rallentare le connessioni per evitare congestioni del traffico gli lascia la possibilità di effettuare dei “rallentamenti preventivi” in modo da prevenire le congestioni. Il che, in mancanza di norme più restrittive, di fatto gli lascerebbe la possibilità di rallentare le connessioni in qualsiasi momento, non soltanto quando c’è un rischio reale ed impellente di una congestione del traffico internet.

In ogni caso, molti considerano la fine del roaming nel 2017 – ovvero l’utilizzo senza costi aggiuntivi in tutta Europa dei servizi internet fuori dai confini nazionali – il vero cambiamento epocale.

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