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Societa della informazione

Significato di Societa della informazione

società dell'informazione L’espressione società dell’informazione fa riferimento a tutte quelle società in cui la creazione, la distribuzione, l’uso e persino la manipolazione delle informazioni assumono un valore economico, politico e culturale molto rilevante.

Società dell’informazione: per una definizione

Il modello teorico della società dell’informazione è stato utilizzato, del resto, per spiegare le grandi trasformazioni che, a partire degli anni Settanta e con tempistiche diverse di paese in paese, hanno interessato la maggior parte delle strutture economiche, politiche, sociali. Non a caso espressioni come information society e post-industrial o post-modern society sono spesso utilizzate come sinonimi, tanto più che non c’è un vero accordo in letteratura su quali siano davvero le società classificabili come information society e che studiosi diversi hanno proposto definizioni di volta in volta diverse di società dell’informazione.

Tecnologia, economia, impiego: come cambiano nella società dell’informazione

A variare sono soprattutto gli elementi critici, considerati come fondanti delle società dell’informazione. A seconda delle diverse impostazioni teoriche cioè, per semplificare, sono state individuate nella penetrazione di tecnologie e sistemi IT, nel modello economico dominante e nella natura del lavoro le ragioni che hanno portato alla nascita delle società dell’informazione.

L’information society è davvero un prodotto delle tecnologie IT?

È innegabile, del resto, che a partire dagli anni Settanta si sia assistito a una massiva diffusione delle tecnologie IT prima e degli ambienti digitali poi. Il corollario è stato un aumento, anche questo massivo, della capacità di immagazzinare, elaborare, trasmettere informazioni. La metafora utilizzata proprio a proposito è, non di rado, quella dei CD-rom: se alla fine degli anni Ottanta si poteva immagazzinare a livello globale una quantità di informazioni pari alla capacità di un CD da 730 MB a persona, già nel 2007 questa era cresciuta a 60 CD a testa. Un’impostazione di questo tipo, però, rende inevitabile una serie di domande come “Di che tipo di informazioni si parla quando si parla di società dell’informazione?”, “Perché queste assumono una così grande rilevanza?“. La questione relativa al primo interrogativo è stata ampiamente esplorata nel tempo e si è arrivati, a valle, a considerare l’informazione come conoscenza, l’informazione come processo e ancora l’informazione come prodotto, tutte tipologie fondanti le cosiddette information society. Quanto al secondo interrogativo, le informazioni – comunque le si intenda – assumono un valore di scambio all’interno della società dell’informazione che proprio per questo, non a caso, è spesso indicata anche come società della conoscenza (o knowledge society).

La società dell’informazione e l’information economy

Già considerare fondanti delle società dell’informazione l’informazione come processo e l’informazione come prodotto, comunque, significa esplorare un aspetto economico e di organizzazione del lavoro che, necessità di catalogazione a parte, non sembra estraneo a nessuno di quegli stravolgimenti sociali che avrebbero portato storicamente all’affermarsi ovunque delle information society. Non pochi studiosi, infatti, hanno classificato come società dell’informazione quelle società in cui una buona fetta di persone svolge un lavoro immateriale. Quelle delle information society sono, in altre parole, economie non basate tanto sulla produzione di beni materiali quanto sulla produzione di beni immateriali e manufatti culturali-artistici e che, non a caso, sono dette proprio information economy (o economie dell’informazione). La naturale conseguenza di questo è che anche la gran parte dei lavoratori svolga mansioni immateriali e che abbiano a che vedere con il lavoro intellettuale o i settore dei servizi. Anche un approccio di questo tipo pone interrogativi non meno trascurabili: “Si può davvero considerare post-capitalista una società che, di fatto, trasmigra logiche prettamente fordiste nella produzione di beni immateriali?“, “Che ne è del ruolo dell’intellettuale, per esempio, in una società in cui la fetta maggiore della popolazione lavora nella produzione di manufatti culturali?“. Rispondere a domande come queste richiede riflessioni profonde e che non possono prescindere da considerazioni specifiche legate a storia e organizzazione politica e sociale di ogni singola realtà.

Con uno spirito decisamente più normativo, comunque, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha definito come società dell’informazione quelle in cui più della metà del prodotto interno lordo deriva dalla information economy e più della metà della forza lavoro è impiegata proprio in essa.

Information society e post-modernità

Come già si accennava, spesso l’espressione società dell’informazione è utilizzata come sinonimo di società post-moderna. Vale la pena provare a capire perché, partendo dai contributi teorici di almeno alcuni dei padri del post-moderno. Già a inizio anni Settanta Alain Touraine scriveva che il passaggio alla società post-moderna era avvenuto quando gli sforzi produttivi cominciarono a essere orientati più che verso la produzione di semplici oggetti materiali verso la produzione di «beni simbolici» (Touraine, 1973) in grado di modificare sistemi valoriali, bisogni e rappresentazioni sociali. Lo stesso studioso indicò un’espressione con cui identificare questo tipo di società: perché in grado di creare ex novo modelli di produzione, consumo, distribuzione e gestione delle risorse che, nella maggior parte dei casi, erano modelli derivanti da bisogni e impulsi della società stessa, ci si poteva senza dubbio riferire a essa come a una «programmed society». Lyotard, invece, sembrò concentrarsi più sull’informazione come processo, soprattutto nel sostenere che l’informazione fosse diventata, a partire dagli anni Sessanta o Settanta, la «principale forza produttiva» (Lyotard, 1981) o che, ancora, si fosse trasformata in una commodity a disposizione di tutti e non più solo appannaggio di chi si trovasse in alto nella scala sociale, di fatto contribuendo a smontare le grandi narrazioni centralizzate come quelle della politica o della religione per esempio.

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