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Media buying

Significato di Media buying

Media buying: cos'è Il Media buying è quel processo che porta all’acquisto di spazi pubblicitari (all’esterno, in radio, in TV, sui giornali, online) in cui collocare contenuti adv, propri o delle aziende che si seguono come clienti nel caso di agenzie e liberi professionisti, in modo che gli stessi risultino più performanti e con più alto ROI.

Media buying: cos’è e a che serve

Parte integrante del media buying è la pianificazione degli spazi pubblicitari da acquistare, secondo strategie che sempre più spesso risultano ormai crossmediali, consumer-oriented, time-oriented. È raro, in altre parole, che un’azienda o un qualunque altro soggetto (business, pubblico, no profit, ecc.) decida di investire oggi solo in campagne di out of home advertising , per esempio, o in passaggi televisivi: succede decisamente più di frequente che nel tentativo di trovare il luogo, il tempo, il contesto che rendano più performanti i propri messaggi pubblicitari, per pubblici differenti tra loro e coincidenti con i propri target commerciali, attuali o prospect , sia necessario differenziare gli investimenti. Compito di chi si occupa di media buying, in stretta collaborazione con chi ha stilato il media plan, è insomma identificare dove, come e quando sia più opportuno farsi pubblicità o fare pubblicità ad aziende, startup, liberi professionisti che fanno parte del proprio portfolio di clienti nel caso di media buyer d’agenzia o freelance.

Per sfruttare al meglio i micro-momenti in cui si articola il  processo decisionale del consumatore è indispensabile, però, che nella pianificazione degli acquisti media si tenga conto anche della frequenza temporale e ciclicità in base alle quali gli stessi debbano avvenire. Se è vero infine che più di un media planner un media buyer ha dimestichezza con i budget e la loro ripartizione, è suo compito negoziare con centri media, commerciali, concessionarie sui prezzi degli spazi pubblicitari per fare in modo che gli acquisti siano vantaggiosi, oltre che in linea con gli obiettivi pubblicitari dell’azienda, e garantiscano un buon tasso di ritorno sull’investimento.

L’esempio del TV media buying è forse quello che rende più facilmente comprensibile quanto detto fin qua: semplificando molto, per un’azienda che vende cartoleria e accessori per la scuola e intende farsi pubblicità in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico è essenziale individuare, in primis, le emittenti con un pubblico di giovanissimi in età scolare e, subito dopo, guardando alla programmazione dei singoli canali, gli slot pubblicitari che con più probabilità potrebbero essere visti dal proprio target; una volta fatto questo, si dovrà negoziare con la concessionaria dell’emittente il costo del singolo passaggio pubblicitario o, più spesso, quello di un pacchetto di passaggi in slot diversi e concordare con la stessa la frequenza dei passaggi la loro distribuzione nelle diverse fasce orarie, durante la settima o per tutta la messa in onda di uno show a puntate per esempio.

Nonostante, insomma, il Cambridge Dictionary per esempio dia a media buying definizione di «operazione che consiste nel pianificare pagamenti per collocare annunci pubblicitari in TV, in radio, su Internet o su un giornale o una rivista», la definizione di una media buying strategy è in realtà un processo più complesso, che richiede al media buyer di coniugare competenze tecniche e soft skill e di saper collaborare con numerose altre professionalità, sia all’interno della propria azienda o della propria agenzia e sia all’esterno.

Media buying: guida agli step fondamentali

Per comodità gli addetti ai lavori identificano tre fasi nella programmazione degli acquisti di spazi pubblicitari.

La prima, forse più importante, è la cosiddetta fase di ricerca o di pre-lancio delle campagne pubblicitarie. È questo il momento in cui, tenendo conto degli obiettivi della stessa campagna, il media buyer identifica quali sono i target da raggiungere, ne traccia un profilo socio-demografico, li classifica in cluster a seconda della provenienza geografica, per esempio, o di gusti e abitudini di consumo. Contemporaneamente può condurre ricerche di mercato e, soprattutto, provare a capire come si stanno muovendo i propri competitor . Tutto tornerà utile quando, una volta che si sarà fatto media planning e si sarà deciso quanto e come investire in media paid, ossia in spazi media a pagamento, sarà il momento di scegliere quale tra una campagna di affissioni indoor o di display advertising, per esempio, raggiunga più facilmente le proprie audience desiderate e si riveli più efficace in termini di costi-risultati. Le considerazioni strategiche non riguardano comunque, in questa fase, solo i canali da privilegiare nelle proprie campagne e per raggiungere i propri obiettivi di advertising, ma chi si occupa di media buying ha il compito di individuare anche a quali media outlet rivolgersi, se ce ne sono alcuni che offrano condizioni più vantaggiose e via di questo passo: nel caso in cui si siano programmati dei passaggi in radio, cioè, per restare a uno degli esempi più semplici, bisognerà individuare quali emittenti radiofoniche abbiano slot pubblicitari liberi e in vendita, consultarne listini e media kit ed eventualmente contrattare condizioni e piani di spesa con responsabili commerciali o concessionarie.

Piano per gli investimenti media: cos’è e come crearne uno

Alla fine di questa fase preparatoria al lancio della campagna di adv i responsabili avranno a loro disposizione, ed eventualmente da condividere con collaboratori e committenti, un media buying plan che altro non è che un documento operativo in cui è riassunta la propria strategia per l’acquisto di spazi media o, più dettagliatamente, è illustrato nei dettagli il piano crono-temporale degli investimenti adv. Consultando il piano acquisti media, cioè, ci si dovrebbe poter fare velocemente un’idea di quanti passaggi televisivi sono previsti per il nuovo commercial del proprio prodotto di punta, quanti spazi sono stati acquistati, dove e per quanto tempo – in riferimento alle affissioni outdoor –, dove e come sono collocati su siti e pagine web i banner, come è distribuito nel tempo il budget per le campagne sea (search engine advertising), ecc.

La forma più semplice di un piano acquisti media, così, è quella di un foglio di lavoro o uno spreadsheet in cui siano indicate date, scadenze, budget, mansioni distribuite tra i vari responsabili, ecc. Più internazionale è il proprio business, più si intende investire in campagne pubblicitarie di ampio respiro e indirizzate a pubblici di diversi paesi e più un solo piano di investimenti media non basta: serve differenziarlo su base geografica e, più pragmaticamente, scegliere accuratamente per ogni paese i media outlet più funzionali al raggiungimento degli obiettivi delle proprie campagne.

Il lancio della campagna pubblicitaria è il momento in cui si concretizza il lavoro del media buyer e in cui, cioè, i contenuti adv arrivano tramite i canali programmati alle proprie audience. Non si può non fare almeno accenno, però, a come l’automazione anche nel campo pubblicitario abbia di fatto accorciato i tempi tra le due fasi: programmatic advertising e real time bidding hanno, in altre parole, reso piuttosto labili, quasi inesistenti, i confini temporali tra programmazione e acquisti media ed effettivo inizio della campagna adv.

programmatic media buying

La programmatic advertising è l’esempio più lampante di come l’automazione abbia rivoluzionato anche il processo di media buying. Fonte: Medium/@Glad

Terza e ultima fase, che non dovrebbe mancare in nessuna strategia di media buying, riguarda la raccolta dati sulle proprie campagne e l’analisi dell’efficacia delle stesse. Metriche e kpi andrebbero stabiliti in anticipo, già in fase di organizzazione dei propri acquisti media e comunque in riferimento agli obiettivi specifici di ogni singola campagna. Dati e insight ottenuti, aggregati ed eventualmente elaborati attraverso appositi algoritmi, dovrebbero aiutare a organizzare meglio gli investimenti pubblicitari successivi, ma anche e soprattutto a rivedere in fieri la campagna in questione: in qualsiasi momento, infatti, e concordandolo con l’agenzia media o la concessionaria a cui si è rivolto, il media buyer dovrebbe poter riallocare il proprio budget o rivedere il proprio calendario di passaggi pubblicitari perché gli stessi risultino più contestualizzati e in grado di arrivare ai pubblici a cui sono destinati.

Media buyer: cosa fa e come diventarlo

Quella del media buyer è una professione che richiede di saper coniugare conoscenze tecniche e di settore con skill decisamente più soft come l’intuizione, la capacità di prevedere trend e tendenze del mercato pubblicitario, quella di fare rete e mantenere buone relazioni con professionisti della stessa filiera e di lavorare in team e, non ultima, buona capacità di negoziazione e persuasione. A un buon media buyer, però, sono richieste anche delle conoscenze di base di diritto e contrattualistica per esempio, dal momento che, a meno dell’esistenza di un ufficio legale apposito come succede nelle aziende più grandi, tocca a lui stilare accordi commerciali e contratti con media outlet e concessionarie. Anche la valutazione del rischio fa parte della routine quotidiana di molti media buyer, chiamati stabilire se il contesto in cui sono collocati i contenuti adv sia quello giusto e non sia nocivo alla brand safety del soggetto che ha investito in contenuti media a pagamento. Alcuni strumenti del mestiere possono aiutare chi fa media buying nelle proprie mansioni quotidiane: ricerche e rapporti annuali messi a disposizione dalle principali agenzie di consulenza, per esempio, ma anche media buying platform che aiutino a gestire i propri investimenti e a farlo in tempo reale.

media buyer competenze richieste

Alcune delle principali competenze richieste a un media buyer e la differenza con quelle richieste, invece, a un media planner. Fonte: Slideshare/Tom Derrig

È quella di media buyer professione abbastanza recente, comunque, nel conto delle professioni della pubblicità: fino agli inizi degli anni Duemila, infatti, di acquistare spazi pubblicitari se ne occupavano figure generiche all’interno delle agenzie pubblicitarie; oggi, a meno che non si tratti di grandi gruppi industriali e con figure specializzate in house, per programmare i propri investimenti in media paid ci si rivolge generalmente a media buying agency apposite, spesso branche separate delle agenzie media di riferimento o formate da più media buyer freelance che collaborano tra loro.

Proprio perché nata di recente, non ci sono corsi di studio o percorsi standard su come diventare media buyer: una laurea in economia o marketing possono aiutare e lo stesso fa una certa dimestichezza con la statistica, per esempio; il resto è perlopiù questione di esperienza sul campo e continuo aggiornamento delle proprie conoscenze.

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