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Employee retention: significato e perchè valorizzare il personale in azienda

Definizione di Employee retention

employee retention L'Employee retention è la capacità di un'azienda di trattenere i propri dipendenti e riguarda gli sforzi messi in atto da un'organizzazione per coinvolgerli e motivarli. L'employee retention è spesso rappresentata sotto forma di numeri, attraverso la percentuale di lavoratori che l'azienda è riuscita a trattenere in un dato periodo.

Employee retention: cos’è e come misurarla

L’espressione può essere facilmente collegata al concetto di ” customer retention “, usato per indicare la capacità di un’azienda di trattenere i propri clienti nel tempo. Così, è possibile sostenere che l’employee retention presuppone una sorta di “ fidelizzazione ” dei dipendenti, come conseguenza dell’implementazione di varie pratiche – legate per esempio a degli incentivi economici e benefit , alle opportunità di crescita professionale e alla corporate culture – in grado di incentivarli a rimanere in azienda.

Il tasso di employee retention (o “employee retention rate“) può essere calcolato prendendo come riferimento un lasso temporale lungo (per esempio un anno) o breve, se lo scopo è misurare i risultati di iniziative pensate per trattenere i dipendenti nel breve termine. Per poter calcolare il numero di dipendenti rimasti in azienda nel periodo preso in analisi bisogna includere soltanto quelli presenti sia il primo che l’ultimo giorno, non considerando dunque quelli assunti in quell’arco temporale.

Calcolo Employee retention Rate

Come migliorare la employee retention in azienda

Il concetto di employee retention è naturalmente connesso a quello di employee turnover (o ricambio del personale), ossia al numero di dipendenti che lascia un’azienda e che viene sostituito da nuovi dipendenti, per pensionamento, licenziamento o nuove assunzioni. È opportuno notare che un livello molto alto di turnover del personale può essere un indicatore di problematiche specifiche (quali problemi di comunicazione tra dirigenti e dipendenti o tra colleghi, mancanza di riconoscimento o di incentivi da parte del datore di lavoro, ecc.) che possono ostacolare l’employee retention e che devono essere individuate e affrontate. Infatti, nonostante un certo tasso di turnover del personale sia “fisiologico” (e anche necessario) all’interno delle dinamiche aziendali, tendenzialmente i dirigenti cercano di ridurre questa percentuale, puntando invece ad aumentare l’employee retention perché permette di ridurre l’investimento formativo richiesto per ogni nuovo dipendente e altri eventuali costi associati alla perdita di talenti e all’assunzione di nuovi.

Perché la motivazione è fondamentale: la teoria di Herzberg

Fondamentale per promuovere l’employee retention è l’aspetto motivazionale. A questo proposito, lo psicologo americano Frederick Herzberg ha fornito un importante contributo allo studio della motivazione dei dipendenti in azienda e di cosa significa motivare (o meno) qualcuno a fare qualcosa. Nel suo paper “One more time: How do you motivate employees?“, pubblicato nel 1968, l’esperto analizza in tono provocatorio l’approccio tipicamente intrapreso da molti dirigenti aziendali per portare i dipendenti a svolgere determinati compiti, sottolineando la differenza tra azione e motivazione: «posso caricare la batteria di una persona e poi ricaricarla un’altra volta. Ma si può parlare di motivazione solo quando una persona ha un proprio generatore di corrente. Una persona non deve avere uno stimolo esterno. Una persona deve voler fare».

Secondo la teoria dell’autore, ci sono due tipi di fattori che incidono sulla soddisfazione e sull’insoddisfazione dei dipendenti relativamente al proprio lavoro (con ovvie implicazioni per l’employee retention).

  • I primi sono fattori motivanti motivator factors», espressione utilizzata dall’autore), che l’esperto associa ad aspetti che riguardano il lavoro stesso, il raggiungimento di risultati, il grado di responsabilità e fiducia attribuiti, il senso di riconoscimento e la possibilità di apprendimento e di crescita personale e professionale: questi fattori sono in grado di produrre alti livelli di motivazione negli individui, contribuendo alla soddisfazione del dipendente; sono quei fattori che portano gli individui a «voler fare» e dunque a impegnarsi attivamente nel raggiungimento degli obiettivi lavorativi prefissati.
  • I secondi sono i fattori igienici hygiene factors», espressione utilizzata dall’autore), che riguardano invece la retribuzione, l’ambiente di lavoro, la sicurezza e altri aspetti che però sarebbero soltanto in grado di ridurre o evitare situazioni di insoddisfazione (quando questi fattori vengono valutati in maniera positiva dai dipendenti, ciò non incide sulla motivazione degli stessi, ma contribuisce a evitare sentimenti negativi nei confronti dell’azienda).

Secondo questa teoria, quindi, lavorare su fattori igienici è necessario per garantire la “non-insoddisfazione” ed evitare una percezione negativa dell’azienda, mentre investire in quelli motivanti risulta fondamentale affinché i dipendenti possano provare una vera soddisfazione nei confronti del lavoro svolto, in modo da essere così più propensi a restare in azienda.

Come “Trattenere” i dipendenti in azienda?

Dalla teoria di Herzberg è possibile trarre alcune osservazioni utili sugli aspetti che possono incidere sull’abilità dell’azienda nel trattenere i dipendenti. Prima ancora di pensare alla strategia di employee retention, però, è utile fare un passo indietro: un simile programma dovrebbe essere preceduto da iniziative di employer branding capaci di aumentare l’appeal dell’azienda in quanto posto di lavoro, ma anche da una ben studiata fase di selezione dei candidati volta a identificare i candidati più adatti a rispondere alle esigenze aziendali e più in sintonia con la vision e la cultura aziendale. Inoltre, è importante che ai candidati vengano presentate delle aspettative realistiche e accurate sul ruolo e sui compiti che gli verranno assegnati ma anche sulle possibilità di crescita professionale: questo sforzo tenderà a favorire l’employee retention dei nuovi dipendenti, motivandoli a prendere parte agli obiettivi e alla mission dell’azienda.

Fatta questa premessa, un programma di employee retention deve tener conto di diversi aspetti chiave.

  • Innanzitutto, è importante che l’azienda investa nella formazione dei dipendenti in modo da promuovere l’apprendimento e il miglioramento continuo: l’aggiornamento e l’acquisizione di nuove competenze potranno aumentare la loro motivazione, perché offrono agli individui nuove prospettive di crescita personale e professionale.
  • È necessario non tralasciare, poi, tutti gli aspetti che riguardano ogni dipendente singolarmente e che sicuramente incidono sul benessere degli individui ma anche sul grado di produttività, come la retribuzione e gli incentivi, la sicurezza sul lavoro, la flessibilità (associata a modalità di lavoro come lo smart working , sempre più apprezzato e ricercato), le caratteristiche del luogo di lavoro (in termini estetici, logistici, di comodità e di funzionalità degli spazi).
  • Importante è anche l’aspetto sociale: l’azienda dovrebbe infatti mettere in atto delle iniziative volte a promuovere i rapporti e la condivisione tra colleghi, ma il top management deve essere anche in grado di far sì che i lavoratori si sentano liberi di esprimersi, di dare il proprio feedback e motivati a lavorare in squadra. Una buona leadership risulta fondamentale nella promozione di una comunicazione efficiente e del dialogo continuo, svolgendo anche un ruolo chiave nel permettere ai singoli dipendenti di comprendere l’importanza e la responsabilità del proprio ruolo e del proprio contributo all’interno del sistema aziendale.

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