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Aumentano traffico e conversioni ma c'è ancora da fare per migliorare l'esperienza utenti sui siti secondo Contentsquare

Con il Digital Experience Benchmark 2022 Contentsquare offre insight utili a comprendere e ottimizzare l'esperienza utente sui siti web.

Il Digital Experience Benchmark 2022 offre insight utili a migliorare la user experience sui siti a partire dai dati su traffico, bounce rate, conversioni: la parola d'ordine secondo Contentsquare è infatti analizzare.

Più di otto persone su dieci non sono soddisfatte della propria esperienza digitale secondo Contentsquare. Nel rapporto Digital Experience Benchmark 2022 dalla società hanno analizzato, infatti, 46 miliardi di sessioni utenti in tutto il mondo su siti di quattordici settori diversi accorgendosi di come, al di là di alcune specificità e di alcuni buoni risultati ottenuti in alcuni di questi, ci sia bisogno di «migliorare l’esperienza utente online su diversi aspetti: sia comportamentali e sia legati a errori di sistema» per esempio, come ha sottolineato in un’intervista ai nostri microfoni Marco Ferraris, country manager per l’Italia della compagnia.

Dalla frequenza di rimbalzo a quella di abbandono: cosa dicono i dati sulla soddisfazione degli utenti dei siti web

Per entrare più nel dettaglio degli insight del Digital Experience Benchmark 2022, al momento circa un utente su due abbandona i siti aziendali dopo aver visualizzato una sola pagina ed è un dato in crescita (del 6%) rispetto alla rilevazione precedente. Neanche se si guarda allo scroll rate, ossia a quanto gli utenti scorrono le pagine, i risultati sono rassicuranti: lo stesso è fermo al 54%, il che indica che la maggior parte dei consumatori non arriva in fondo alle pagine.

In quest’ottica non stupiscono altri dati come quelli che riguardano la frequenza di rimbalzo. La bounce rate è aumentata quest’anno (del 3% rispetto ai precedenti) per tutti i siti di tutti i settori, attestandosi al 50%: è sintomo che l’utente non ha remore ad abbandonare le pagine che sta visitando se non è interessato a quello che contengono o non trova quello che sta cercando.

Nel commentare i risultati del Digital Experience Benchmark 2022 Marco Ferraris mette in guardia, però, dall’interpretare i dati sulla frequenza di rimbalzo in maniera univoca e non tenendo conto contemporaneamente anche di altri fattori: «se ho un sito con una sola pagina o con pochissime pagine, perché per esempio i temi sono complessi da spiegare e il contenuto necessariamente esplicativo», ha continuato durante l’intervista, non è detto che una bounce rate del 50% non sia un buon dato. Non è un caso che, se si guarda al verticale delle varie industry, attualmente le frequenze di rimbalzo più alte sono quelle dei siti b2b (con una bounce rate del 60% ma comunque in calo del 13% rispetto allo scorso anno) preceduti solo dal settore delle telecomunicazioni (con tasso di rimbalzo del 72%) e scendono drasticamente, almeno in Italia, invece per settori in cui è facile agganciare l’attenzione degli utenti con contenuti più coinvolgenti com’è il caso della moda (che ha una bounce rate del 37%) o dell’arredamento  (40%) e di viaggi e hospitality (41%).

I dati di navigazione che si hanno a disposizione devono servire, in altre parole, a costruire esperienze digitali che abbiano al centro la componente umana e che risultino quanto più possibile su misura per il consumatore “tipo”. «Analizzare, analizzare, analizzare» è, non a caso, una sorta di slogan con cui Marco Ferraris ha provato a riassumere i trend per la customer experience online così come venuti fuori dal Digital Experience Benchmark 2022: non è più l’era in cui serve semplicemente portare utenti sul web, come ha sottolineato l’esperto, ma quella in cui «usare analytics per capire cosa e perché sta accadendo».

Dal Digital Experience Benchmark 2022 di Contentsquare un ritratto dell’utente web “tipo”

A proposito di analytics, come già altri studi sulla total digital audience e sul consumo di Internet, il report di Contentsquare evidenzia che oltre la metà (il 58%, per l’esattezza) del traffico Internet è oggi traffico proveniente da mobile. Le aziende non sembrano ignorare questo dato se si considera che, a oggi, i tempi e la velocità di caricamento delle pagine sono migliori sul mobile (dove sono in media di 1.52 secondi) rispetto al desktop (qui la media si alza, invece, a 1.61 secondi).

L’immagine di un consumatore mobile-first rischia, però, di essere un’immagine stereotipata: «il consumatore di oggi non è “incatenato” a un solo dispositivo», si legge nel Digital Experience Benchmark 2022. Dopo aver navigato da mobile alla ricerca di informazioni fa shopping nei negozi fisici o, anche quando acquista online, aspetta di essere connesso da desktop per chiudere il carrello (proprio il desktop ha oggi tassi di conversione migliori, ossia del 3% contro una media mobile del 2.3%). La maggior parte dei consumatori è oggi, in altre parole, un consumatore omnicanale.

C’è almeno un’altra caratteristica chiave che salta all’occhio quando si analizza il comportamento degli utenti sui siti web: rispetto all’ultima rilevazione è aumentato (del 328%) il numero di pagine che in media gli utenti visualizza durante le sessioni che generano conversioni; segno che chi acquista oggi lo fa in maniera più consapevole, dopo essersi adeguatamente informato, dopo aver trascorso del tempo a cercare l’affare migliore ed eventualmente abbandonato il sito o i siti in cui non ha trovato ciò che stava cercando o che facesse più al caso proprio.

Per riuscire ad assicurarsi delle conversioni, così, diventa sempre più importante offrire ai propri clienti esperienze «snelle», come le definiscono da Contentsquare, dove per “snelle” si intende soprattutto semplici e intuitive nel design, rispettose dei Core Web Vital di Google, lineari nel condurre alla chiusura del carrello e quanto più possibile accessibili, «tema importante quest’ultimo e su cui le aziende sono chiamate a investire nell’immediato futuro», come ha sottolineato ancora Marco Ferraris durante l’intervista.

Se si mancano questi obiettivi, infatti, il rischio è che gli utenti si dirigano altrove. Lo dicono ancora una volta i numeri: a fronte della maggior parte dei visitatori dei siti web classificabile come returning user c’è, infatti, già oggi un 49% di nuovi utenti che approda a nuovi siti web dopo esperienze di cui non è completamente soddisfatto.

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