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Da Lush alcune previsioni e un manifesto per il futuro dei social media

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Nella ricerca "Digital Engagement: A Social Future" i livelli di fiducia verso le piattaforme digitali sono risultati minimi. Non è, però, tutto perduto: in un manifesto Lush invita a riscoprire community e open source.

Con “Digital Engagement: A Social FutureLush prova a indagare il futuro dei social media e più in generale della tecnologia digitale.

Lo fa dopo essere stato tra i primi brand , nel novembre 2021, a lasciare le piattaforme generaliste in aperto contrasto con la loro natura prevalentemente commerciale e con l’intento di favorire la nascita di community digitali più piccole, open source, agili, sicure, etiche e soprattutto capaci grazie alla propria «tech energy» di favorire il cambiamento.

È ormai tempo, come ha sottolineato Jack Constantine, chief digital officer di Lush, di tenere conto che «i diritti digitali sono diritti umani». Molto di quello che le aziende fanno ogni giorno online, per non parlare della maggior parte delle policy delle big tech, rischia anche inconsapevolmente di comprometterli. Rispetto a qualche tempo fa, le persone oggi sono meno disposte a permetterlo.

In “Digital Engagement: A Social Future” Lush analizza le nuove abitudini degli utenti social

Per la ricerca “Digital Engagement: A Social Future” Lush ha intervistato, insieme a The Future Laboratory, oltre 12mila consumatori di Regno Unito, Stati Uniti e Giappone. Di questi quasi 7 su 10 (il 69% dei rispondenti per l’esattezza) si sono detti convinti che i brand dovrebbero abbandonare le piattaforme social che non risultano etiche e almeno 6 su 10 (il 62% dei rispondenti) hanno mostrato di apprezzare le aziende che danno priorità a tali questioni etiche piuttosto che alla possibilità di raggiungere online un gran numero di potenziali clienti.

Più in generale, forse anche per via degli scandali che in questi anni hanno visto coinvolte le big tech, sembra essere diminuita la fiducia delle persone nei confronti delle piattaforme digitali. 7 intervistati su 10 si dicono preoccupati, infatti, per la propria sicurezza online e auspicano una legislazione che regoli a livello globale la questione. Tra i giovanissimi della generazione z la paura principale è che le minoranze possano essere ignorate o emarginate negli spazi digitali (è così per oltre un intervistato su due, il 54% degli intervistati). Quasi la metà del campione generale (il 49%) è convinto che le piattaforme non facciano abbastanza per proteggere gli utenti da molestie e manipolazioni, preoccupate come sono di assicurarsi un certo dominio sulla tecnologia e la cultura online (affermazione, quest’ultima, vera per almeno il 57% degli intervistati).

Potrebbero esserci anche queste tra le ragioni che hanno portato le persone a trascorrere sempre meno tempo sui social. Quest’anno oltre un terzo degli utenti Meta, un quarto degli utenti Twitter e quasi un quinto degli utenti TikTok sarebbero rimasti connessi meno ore durante al giorno rispetto allo scorso anno. È un insight in linea con quelli di altre ricerche che, diversamente da quanto fa in “Digital Engagement: A Social Future” Lush, fanno risalire però soprattutto alla ripresa delle normali attività lavorative e di svago dopo la parentesi pandemica la diminuzione nella quantità di tempo trascorso in Rete.

Non tutti gli utenti, comunque, sembrano aver perso completamente la fiducia nella capacità delle piattaforme digitali di essere luoghi di «connessione, espressione e comunità», ha proseguito il CDO di Lush. Almeno un intervistato su tre continua a reputarle spazi idonei per connettersi con gli altri e più di un intervistato su quattro (il 29%) posti in cui poter trovare persone che la pensano ugualmente. A questi «tecno-ottimisti», come li definisce la ricerca, si aggiunge anche chi sostiene che la tecnologia può aumentare la produttività (si tratta di una buona fetta del campione, ossia il 57%) e aiutare le persone a esprimere la propria identità (vero per il 39% degli intervistati). L’ottimismo cresce soprattutto se si prendono in considerazione gli sviluppi più recenti della tecnologia come metaverso , AI, Web3.

fiducia nei confronti delle tecnologie emergenti 2023

Fonte: “Digital Engagement: A Social Future”, Lush/The Future Laboratory

Un manifesto «tecno-ottimista» per il futuro del digitale

È soprattutto guardando agli ultimi e a come le esperienze digitali tenderanno a farsi sempre più pervasive, «immersive e trasformative» che insieme ai risultati di “Digital Engagement: A Social Future” Lush ha presentato “The SOCIAL Framework”, una sorta di manifesto per un «futuro tecno-ottimista» come si legge nel comunicato stampa di presentazione.

Ogni azienda che lo voglia può adottarlo. Perché dovrebbe essere interessata a farlo lo suggerisce un altro insight della ricerca condotta dal brand inglese di cosmetici freschi e fatti a mano: si tratterebbe di ciò che vogliono almeno 6 persone su 10 (il 62% degli intervistati), convinte che tutti possono contribuire a creare un mondo digitale più sicuro e più inclusivo.

L’idea su cui si basa il manifesto è che il futuro dell’ innovazione tecnologica può generare progressi solo se attento a sei fondamentali principi guida (le cui iniziali compongono il termine “SOCIAL” in maiuscolo nel titolo).

Ogni nuova piattaforma, servizio o prodotto digitale dovrebbe essere innanzitutto sostenibile: qualunque esperienza digitale, anche se promette un impatto potenzialmente positivo sulla quotidianità delle persone, risulta indebolita infatti se l’hardware o lo storage di dati sono poco sostenibili su un piano ambientale o finiscono per alimentare il cosiddetto inquinamento digitale.

La cooperazione dovrebbe sostituirsi nel panorama digitale alla competizione: solo un flusso trasparente e open source di dati e informazioni può contribuire, infatti, a creare soluzioni che abbiano vantaggi per tutte le parti coinvolte.

Il controllo di questi stessi dati e informazioni deve tornare a essere decentralizzato e affidato alla comunità, perché possano crearsi nuovi scambi di valore.

Considerato che gli spazi digitali evolvono rapidamente e in maniera non sempre facilmente comprensibile, l’interattività sembra essere la chiave per assicurarsi un miglioramento costante.

I brand, e non solo quelli del settore, dovranno continuare a incoraggiare una visione diversificata e accessibile dei mondi virtuali che aiuti persone con esigenze, aspirazioni e desideri diversi a muoversi senza ostacoli all’interno di questi spazi. Più accessibilità è preludio, peraltro, di una maggiore inclusività che, online e offline, fa sì che lavoro, merito e valore di una persona siano giudicati sulla base di chi è questa persona.

Le esperienze digitali, infine, dovrebbero essere progettate per offrire momenti divertenti, giocosi e positivi, cioè life-affirming e ottimistici: solo in questo modo ci si potrà assicurare che la cultura digitale sia uno strumento capace di migliorare il benessere delle persone.

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