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Account fake e sponsorizzazioni: i Codici di Condotta contro la disinformazione online per le europee 2019

Codici di Condotta contro la disinformazione online

Google e co. hanno adottato dei Codici di Condotta contro la disinformazione online in vista delle europee 2019: i primi risultati.

Non bastano più i buoni propositi: i big del digitale, che già a inizio anno erano stati chiamati a stabilire delle policy per le elezioni europee di maggio 2019 in grado di garantire un clima elettorale sereno e (ben) informato, hanno dovuto presentare ora alla Commissione i primi risultati delle loro attività. Le prospettive? Non sono sempre rassicuranti e, soprattutto, piattaforme e soggetti digitali non sembrano ancora abbastanza allineati nell’effettiva attuazione dei Codici di Condotta contro la disinformazione online.

Google, i Codici di Condotta contro la disinformazione online e i risultati già raggiunti

Il più diligente fin qua sembra essere stato, così, Google. Da Mountain View fanno sapere, infatti, che nei primi mesi del 2019 hanno già individuato oltre 48.6mila account Google Ads che violavano gli standard di comunità: mentre nei casi più gravi ne è stata prevista la chiusura, per la maggior parte di questi è stata soltanto bloccata a monetizzazione. Tra gli impegni intrapresi da Big G con i Codici di Condotta contro la disinformazione online in vista delle prossime elezioni europee c’era, del resto, proprio rendere più trasparenti sponsorizzazioni e advertising a tutela dell’utente, elettore finale. Gli account penalizzati o chiusi fin qua, insomma, avrebbero dato false informazioni rispetto alla propria identità o al proprio ruolo pubblico, pubblicato annunci non veritieri o che potevano indurre in errore il destinatario, quando non contribuito alla diffusione di fake news. La vera cattiva notizia? Con oltre 6mila soggetti segnalati, l’Italia è nella lista nera di paesi con più account sospetti e dall’attività malevola: è in buona compagnia, certo, di paesi come il Regno Unito – dove addirittura gli account segnalati sono quasi il triplo – ma quello offerto da Google non sembra che aggiungere un tassello in più all’allarme disinformazione su temi politici e di attualità politica che si riaccende nel nostro Paese a ogni nuova tornata elettorale.

Google è intervenuto, comunque, anche sugli account che pubblicavano un numero insufficiente di contenuti originali o che avessero inventory di scarso valore: in entrambi i casi si tratta di attività sospette e finalizzate alla sola raccolta pubblicitaria, che non creano utilità per l’utente finale, anzi spesso generano confusione per via di contenuti non verificati, duplicati e decisamente non di qualità. I paesi che hanno fatto peggio in questo senso, dopo il Regno Unito, sembrano essere la Germania e la Francia. La penalizzazione e lo stop alla monetizzazione degli account di Google Ads non sono, però, le uniche azioni intraprese da Google per assicurare un clima elettorale sano alle europee di maggio 2019. Supporto e speciali programmi di formazione sono stati già pensati per e somministrati a tutti quei soggetti che avranno parte attiva in questa chiamata elettorale, dai giornalisti agli stakeholder aziendali e ai rappresentanti delle ONG. Molto è stato puntato anche sull’aumentare la media literacy generale degli utenti e, sotto un profilo più strettamente tecnico, Google ha già investito e continuerà a farlo nei mesi futuri su tutto ciò che serve per smascherare i deep fake.

In vista delle europee 2019, da Facebook è lotta a dark ads e account fake

Memore della lezione delle ultime presidenziali americane e dello scandalo di Cambridge Analityca, anche Facebook ha adottato dei Codici di Condotta contro la disinformazione online in vista delle prossime europee. Peccato che al primo appuntamento davanti alla Commissione sembra essersi fatto trovare ancora alquanto impreparato: a casa Zuckerberg tutto è in fieri e ancora pochi sono gli obiettivi effettivamente raggiunti. Tra questi ultimi c’è, comunque, una maggiore trasparenza per quanto riguarda campagne ads e sponsorizzazioni. Il machine learning di Facebook, infatti, è già in grado di riconoscere gli annunci con contenuto politico e di bloccare le campagne finché non venga compilata l’apposita sezione “Paid for By” (tra le policy adottate dalla piattaforma a inizio anno, proprio per garantire maggiore trasparenza a una campagna elettorale sempre più giocata sulla social advertising, chiarisce chi paga la sponsorizzazione e a favore di quale soggetto politico). Agli utenti, poi, è data la possibilità di segnalare annunci per cui ritengono debbano essere fornite maggiori informazioni rispetto alla sponsorizzazione – annunci che verranno poi presi in carico da un team umano di Facebook – e, visitando le singole Pagine, ci si potrà accertare di tutte le campagne che queste hanno all’attivo. Da Palo Alto, però, è lotta anche agli account fake e ai bot: solo nei due trimestri centrali del 2018 ne sarebbero stati rimossi complessivamente più di un milione e mezzo; la buona notizia però, almeno sotto la lente del discorso pubblico-politico, è che si è trattato nella maggior parte dei casi di account creati per scopi commerciali e che la loro sarebbe stata per lo più un’attività di spamming.

Su Twitter le elezioni europee sono all’insegna della (vietata) ingerenza estera

Tra i Codici di Condotta contro la disinformazione online adottati da Twitter in vista delle elezioni politiche 2019 particolare attenzione sembra essere stata posta, invece, all’ingerenza di forze estere sul discorso politico. Ancora una volta, il precedente è di cronaca e risale all’elezione di Trump quando da più parti si avanzarono dubbi sul ruolo malevolo di alcuni account di origini russe. La piattaforma dei cinguettii, così, grazie alla pubblicità dei contenuti pubblicati al suo interno, ha creato un archivio di account e tweet sospetti e che potrebbero essere ricondotti a tentativi di nazioni diverse da quelle legittimamente coinvolte di orientare il voto, europeo in questo caso. Iran, Bangladesh, Russia e Venezuela sarebbero i principali paesi di provenienza della maggior parte di questi account e contenuti. Per rendere più sano e bipartisan il dibattito che precederà le europee del 2019, anche Twitter ha già puntato comunque – e lo farà ancora nei mesi prossimi – sulla trasparenza delle Twitter Ads, chiedendo a monte e rendendo disponibili a valle agli utenti maggiori informazioni sui soggetti che pagano le sponsorizzazioni, sull’andamento della campagna e via di questo passo.

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