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App e privacy digitale: come tutelarsi dalle minacce

Quando si parla di app e privacy digitale è bene che gli utenti siano informati sui potenziali rischi. In che modo proteggersi dalle minacce?

Quando si parla di app e privacy digitale è bene che gli utenti siano informati sui potenziali rischi. In che modo proteggersi dalle minacce?

A seguito dell’aggiornamento di modifica dei termini sulla privacy, WhatsApp ha creato un’ondata di preoccupazioni che ha fatto puntare i riflettori sul più generale rapporto tra app e privacy digitale, spingendo alcuni report a parlare, più nello specifico, di “declino dell’app” di messaggistica. La società di analisi di app mobile Sensor Tower ha infatti rivelato una riduzione dei download dell’11% già nella prima settimana del 2021, dopo la notizia delle modifiche relative alla privacy

Sebbene WhatsApp abbia affermato che il proprio aggiornamento «non influisce in alcun modo sulla privacy dei messaggi con amici o familiari», aggiungendo che le modifiche alla policy sono necessarie per consentire agli utenti di inviare messaggi alle aziende su WhatsApp, la notizia ha scosso gli utenti. 

Il Garante Privacy italiano «ritiene che dai termini di servizio e dalla nuova informativa non sia possibile, per gli utenti, evincere quali siano le modifiche introdotte, né comprendere chiaramente quali trattamenti di dati saranno in concreto effettuati dal servizio di messaggistica dopo l’8 febbraio», termine in seguito spostato al 15 maggio. 

Tale informativa – aggiunge l’Autorità – «non appare pertanto idonea a consentire agli utenti di Whatsapp la manifestazione di una volontà libera e consapevole». 

Molti stanno ricorrendo a Telegram e a Signal, decidendo quindi di abbandonare definitivamente WhatsApp; altri ancora invece utilizzano metodi di protezione come le VPN (acronimo di virtual private network). Si tratta di strumenti tramite i quali è possibile sia proteggere la propria connessione, sia camuffare l’indirizzo IP, assicurandosi una tutela verso questa “fuga” di dati. 

Quando si parla di app e privacy digitale, è opportuno però sottolineare che WhatsApp non è l’unica a raccogliere dati digitali. Volendo stilare una classifica, analizzando i dettagli disponibili sull’App Store è possibile notare come Facebook Messenger sia l’app che acquisisce maggiori dati, seguita appunto da WhatsApp. Entrambe includono la cronologia acquisto degli utenti, le informazioni finanziarie, la posizione, oltre a ovviamente i contatti (numero di telefono, indirizzo email e i dati di utilizzo). 

Quando si fa riferimento alla raccolta dei dati, dunque, le app di messaggistica che fanno capo a Facebook non conoscono eguali. 

App e privacy digitale: le finalità dei dati raccolti

I dettagli sulla posizione di un utente sono fondamentali per i settori della pubblicità e dell’analisi industriale, poiché forniscono utili approfondimenti sul comportamento delle persone, aiutando nella profilazione di un target ideale per un determinato prodotto o servizio. 

Inoltre, grazie all’aiuto di sensori di posizione che utilizzano la tecnologia Bluetooth Low Energy (BLE) è possibile stabilire ulteriori correlazioni tra gli utenti e la loro distanza da tali dispositivi, acquisendo informazioni preziose per una vasta gamma di settori, come la vendita al dettaglio e l’intrattenimento. Questo meccanismo di controllo e acquisizione dati si è consolidato ancora di più durante la pandemia da COVID-19 e al momento costituisce una potenziale minaccia per la privacy della popolazione mondiale. 

soluzioni per proteggere la propria privacy sulle app

Ecco perché, parlando di geolocalizzazione, una soluzione sarebbe quella di usare una VPN. Quando si usa una VPN per collegarsi a Internet, questa crea una connessione crittografata, nota come tunnel, tra il proprio dispositivo e Internet e ciò rende praticamente impossibile per chiunque rintracciare la propria attività online.

Uno studio basato sulla raccolta diversificata di centinaia di app mobili ha rilasciato una ricerca proprio sulla crescente minaccia alla privacy della posizione. Lo studio “Investigation Xoth”, dal nome di un gruppo di intelligence presente all’interno di un romanzo, ha individuato i tracker presenti in 450 app in un numero inspiegabile rispetto alle norme sulla privacy. I tracker possono essere nominalmente banditi dagli app store, ma indagini approfondite rivelano che queste misure non vengono applicate in maniera coerente. Un serio controllo delle app prima della loro pubblicazione sarebbe l’unico modo per escludere i tracker dagli app store, ma questo richiederebbe un grande sforzo. 

Per questa ragione, una soluzione praticabile potrebbe essere quella di agire in prima persona, non delegando questa responsabilità a terzi. Si tratta di un’acquisizione di consapevolezza da parte dell’utente sempre più necessaria, tanto più in un periodo come quello attuale, in cui l’impatto della digitalizzazione sulla società è costantemente in evoluzione, a una velocità sempre maggiore. Un atteggiamento di tutela personale può aiutare a cogliere più i frutti positivi di questa rivoluzione, lasciando da parte quelli potenzialmente più invasivi. 

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