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Dalle opportunità di guadagno per gli influencer agli obblighi fiscali in Italia: una guida

Una guida su come guadagnano gli influencer: dalle diverse collaborazioni con le aziende agli obblighi fiscali in Italia.

Collaborare con aziende e brand nella realizzazione di contenuti per social o blog aziendali, nella copertura live di eventi di settore o per vere e proprie campagne di marketing può essere molto remunerativo per chi ha in Rete un certo seguito. Ecco una breve guida su come guadagnano oggi influencer e content creator professionisti.

Anche oggi che, come sostengono gli esperti, l’influencer marketing è un settore «maturo» e non più agli albori, continuano a circolare classifiche degli influencer più ricchi e meglio pagati e non si tratta più solo di grandi nomi come Chiara Ferragni, ma anche di personaggi nuovi come l’italiano Khaby Lame che con i suoi video divertenti e a tratti non-sense ha velocemente conquistato TikTok1). A circolare sono anche listini prezzi con le presunte cifre che le aziende corrispondono agli influencer per singolo post sulle diverse piattaforme, segno che, mentre gli addetti ai lavori si sforzano di trovare parametri più robusti di semplici vanity metrics e indicatori quantitativi sulla base dei quali valutare riuscita ed efficacia delle campagne di influencer marketing , tra chi aspira a diventare influencer “di professione” o vuole cogliere le diverse opportunità per guadagnare in Rete, il dubbio rimane: come guadagnano gli influencer e, soprattutto, quanto?

Quanto guadagnano gli influencer: listini prezzi e cifre per singoli contenuti

Era il 2016 quando The Economist bollava il web e i social in particolar modo come «territorio assolutamente lucrativo»2. Erano tempi in cui per un tweet le aziende pagavano dai 2mila ai 60mila dollari a seconda di quanti follower avesse l’utente con cui decidevano di collaborare, i prezzi medi per un post su Instagram si aggiravano tra i 5mila e i 150mila dollari e YouTube era di gran lunga la piattaforma più remunerativa per gli influencer: uno youtuber poteva guadagnare, infatti, dai 12mila dollari ai 300mila per video caricato.

Da allora, con i budget allocati al digitale in aumento in quasi ogni settore e con sempre più aziende intenzionate a incrementare l’investimento in influencer marketing, le opportunità «lucrative» – per continuare a usare le parole di The Economist – e di monetizzare la propria presenza online non possono che essere anch’esse maggiori per influencer, content creator professionisti e personaggi con un certo seguito in Rete.

Su come guadagnano gli influencer incidono sempre meno, però, fattori solo quantitativi come quanti follower hanno o quante visualizzazioni riescono a raggiungere con tiktok o dirette su Instagram: incidono sempre di più, invece, alcune considerazioni più qualitative sull’ engagement che riescono a generare, ma anche su quanto verticali siano i canali scelti e quanto in linea con gli obiettivi delle campagne marketing dell’azienda o con il suo tono di voce.

Anche la novità della piattaforma, la specificità dei suoi linguaggi e delle sue grammatiche, la difficoltà di costruire all’interno a community affiatate e attive, la disponibilità dell’influencer a prestarsi almeno a più semplici operazioni di community management contano oggi nel definire i prezzi per post degli influencer.

Listini, come quello aggiornato al 2021 ricostruito da DeRev e diventato molto virale in Rete, provano a incrociare fattori come questi. Il risultato è rappresentato da cifre il range che va da 50 e a 250 euro da corrispondere a un nano influencer italiano per un singolo post su Instagram o (ed è il massimo) fino 60mila euro da pagare a celebrity e testimonial vip per l’ endorsement del proprio brand su TikTok.

listino prezzi post influencer

Quanto guadagnano gli influencer? Un listino prezzi piattaforma per piattaforma. Fonte: DeRev

Oggi, però, alle collaborazioni occasionali con gli influencer le aziende ne preferiscono di più a lungo termine, anche in virtù della maggiore possibilità di stabilire in questo caso obiettivi e raffinare visioni condivise. Per questo, più che a quanto guadagnano gli influencer per singolo post o per singola campagna, è interessante guardare a come guadagnano gli influencer.

Le principali forme di collaborazione tra influencer e aziende: che opportunità di guadagno?

La più tradizionale forma di collaborazione tra influencer e aziende è senza dubbio lo scambio di prodotti: le aziende inviano gratuitamente a quelli che individuano come trend setter di settore o early adopter all’interno di una determinata nicchia di consumatori nuovi prodotti in fase di lancio e campioni omaggio oppure li invitano a provare altrettanto gratuitamente i loro servizi perché li presentino, ne parlino e li raccontino alle proprie community, procurando agli stessi una buona visibilità o contribuendo ad aumentare la brand awareness a seconda di quali siano gli obiettivi specifici della campagna.

Non c’è in questo caso un guadagno economico effettivo per l’influencer, non diverso almeno dal valore del prodotto o del servizio ricevuto gratuitamente: può, però, guadagnarne a propria volta in visibilità e in numero di nuovi follower seguaci se l’azienda decide di ripostare i Reels dell’unboxing sui propri canali social o di pubblicare la videorecensione di YouTube anche sul proprio ecommerce per esempio.

A volte, insieme al prodotto omaggio, l’azienda fornisce all’influencer coupon e codici sconto da condividere con la propria community: avviene di frequente quando l’obiettivo della campagna è aumentare il traffico verso un nuovo eCommerce o incrementare le vendite sullo stesso. In questo caso l’influencer guadagna anche una percentuale sui singoli acquisti effettuati dai propri fan grazie all’ affiliate marketing : ci sono piattaforme ad hoc che permettono, infatti, alle aziende di ricostruire da dove provengono gli acquisti tramite dei referral link.

In qualche occasione, ancora, l’influencer può ricevere in omaggio dalle aziende prodotti e campioni con l’obbligo che li metta in palio durante contest e giveaway. Questi servono alle aziende soprattutto per farsi conoscere o far conoscere il proprio catalogo di prodotti o servizi oppure nel tentativo di creare “affezione” da parte dei consumatori e provare a trasformarsi in love brand , soprattutto quando queste aziende sono le prime arrivate all’interno di un determinato settore o di una sua nicchia (si pensi per esempio alla pelletteria vegan). Anche in questo caso quello che ne ha direttamente in cambio l’influencer è un incremento di visibilità o nel numero di nuovi follower e seguaci, soprattutto quando per partecipare al concorso è previsto di cominciare a seguirlo sui social, di ripostarne i contenuti o menzionarlo nei propri.

Contenuti originali che parlino dell’azienda, descrivano un suo prodotto o servizio o lo mostrino visivamente o nominino il brand sono strade altrettanto tradizionali. Su impulso di alcune authority di settore si è giunti relativamente di recente all’obbligo per gli influencer di segnalare i contenuti frutto di collaborazione commerciale e di farlo in maniera visivamente evidente o tramite l’uso di appositi hashtag : ciò ha inevitabilmente aperto la discussione su quanto ne possa soffrire la credibilità degli influencer presso le proprie community e sull’efficacia delle campagne di influencer marketing, ma i risultati sono più incoraggianti di quanto si immagini.

Il fatto che le aziende si rivolgano con sempre più frequenza a questi utenti per la realizzazione dei propri contenuti di brand è dimostrazione, del resto, di come sia ormai riconosciuta loro non solo la capacità di intercettare gusti e bisogni delle proprie community, certamente utile in vista del successo e della reale efficacia delle campagne, ma anche e soprattutto di creare contenuti testuali, fotografici, video di ottima qualità. È un obiettivo in vista del quale gli influencer, almeno quelli che intendono trasformare in “mestiere” seguito e credibilità di cui godono online, spesso investono non solo in formazione ma anche in attrezzatura ad hoc (come smartphone di ultima generazione, luci, applicazioni di montaggio ed editing, ecc.).

Le aziende, dal canto loro, possono coinvolgere solo sporadicamente gli influencer nella creazione di contenuti aziendali da postare su canali nuovi (per esempio TikTok o Twitch) o con grammatiche che i team di comunicazione non padroneggiano in toto e alla perfezione oppure – ed è questa la scelta più frequente, nonostante sia dispendioso trovare un’intesa su obiettivi, modalità di sviluppo del brief , tono di voce, ecc. – coinvolgerli per intere campagne.

I contenuti realizzati dagli influencer possono essere utilizzati attribuendoli o meno, direttamente sui canali aziendali o pubblicati originariamente dai canali degli influencer e a uso e consumo delle loro community prima di essere ricondivisi da quelli di brand e verso un pubblico più ampio. A volte all’influencer può essere proposto, ancora, un take over – o dei take over periodici – dei profili aziendali.

Spesso brand e aziende lasciano il controllo degli account ufficiali agli influencer con cui collaborano soprattutto in occasione di presentazioni ed eventi aziendali a cui dare particolare visibilità e risonanza mediatica o una copertura in diretta altrimenti difficile da garantire. Anche a prescindere dalla necessità di creare contenuti per l’azienda o sponsorizzati dal brand, gli influencer sono spesso invitati a presenziare a eventi e occasioni aziendali, soprattutto se ormai noti anche al di fuori della Rete, perché la loro semplice presenza può far notizia e dare visibilità: il fatto stesso che dei big influencer annuncino la loro presenza a una sfilata o parlino spontaneamente di un festival in diretta dai propri account Instagram basta infatti a generare  “chiacchiericcio”.

Se la collaborazione tra influencer e azienda è di lungo corso, in una sorta di corto circuito i primi possono trasformarsi in veri e propri testimonial del brand e rappresentarne il volto più riconoscibile. Molte aziende nel tempo hanno investito proprio nello scegliere, tra personaggi famosi della Rete e più piccoli micro influencer e nano influencer ma con una grande credibilità presso le proprie community, i propri brand ambassador o i brand ambassador dei propri progetti, nell’ultimo caso soprattutto di responsabilità sociale o di natura green.

In qualche caso riconoscibilità, popolarità e affetto di cui godono gli influencer hanno fatto sì che le aziende li coinvolgessero anche nella creazione di merchandise o nel lancio di prodotti in edizione speciale e limitata. È successo in particolare nella moda, con progetti come quello con cui Shein ha chiamato #sheingals e influencer con cui collabora da lungo tempo a partecipare all’ideazione delle nuove collezioni Shein X3. Iniziative come Chiara Ferragni x Nespresso o Chiara Ferragni x Pigna dimostrano, però, che di edizioni speciali di prodotti firmati dagli influencer se ne possono realizzare in ogni campo e con le stesse probabilità di successo.

Come guadagnano gli influencer: gli obblighi fiscali in Italia

Per ognuna di queste azioni, almeno per quelle che non prevedono la semplice cessione gratuita di prodotti o servizi, l’influencer guadagna tramite un contratto firmato con l’azienda, previo apposito preventivo. Spesso a fare da intermediario in questa fase di contrattazione sono agenzie di influencer marketing che a propria volta guadagnano su commissione.

Se le collaborazioni con le aziende sono solo sporadiche e occasionali non ci sono in Italia precisi obblighi fiscali per gli influencer, a parte rilasciare al committente non privato una ricevuta con ritenuta d’acconto al 20% sul compenso lordo o in alternativa firmare un contratto di collaborazione occasionale.

Se si intende lavorare come influencer o svolgere la professione di content creator in maniera sistematica serve invece aprire una partita IVA (ma non al momento l’iscrizione alla Camera di Commercio e all’INAIL): il codice ATECO più indicato è il 73.11.02, che descrive la conduzione di campagne marketing; in alternativa si può utilizzare però il 74.90.99, residuale per le altre attività professionali nca.

Insieme al proprio commercialista di fiducia e in considerazione del fatturato previsto, l’influencer sceglierà in quest’ultimo caso anche il regime fiscale (se forfettario, ecc.) più adatto alla propria attività con i relativi obblighi fiscali o di fatturazione elettronica che ne derivano.

Note
  1. Open
  2. The Economist
  3. Shein
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