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Impedire di mettere like su Twitter ai contenuti infondati o fake e le altre strategie di Dorsey per conversazioni più sane ed equilibrate

Like su Twitter ai contenuti infondati: si può ancora fare?

La piattaforma sembrerebbe intenzionata a una stretta sui like su Twitter ai contenuti infondati, controversi o che veicolano fake news: ecco perché.

Dalla piattaforma sarebbero al lavoro per evitare i like su Twitter a contenuti infondati, non verificati, contenenti fake news e informazioni manipolate o già segnalati dai moderatori. La notizia è corsa veloce sulle testate di settore, dopo che un’esperta di reverse engineering aveva condiviso su Twitter uno screenshot del pop-up che compariva quando si provava a mettere like a dei tweet in cui Donald Trump si attribuiva la vittoria e minacciava azioni contro i brogli elettorali.

Il pop-up, più nel dettaglio, avvertiva gli utenti che le «fonti ufficiali» non avevano ancora formalmente individuato un vincitore per le presidenziali americane del 2020 nel momento in cui il tweet di @realDonaldTrump era stato pubblicato.

non si potrà più mettere like su Twitter a contenuti infondati

Lo screenshot condiviso su Twitter da @wongmjane: un pop-up avvertiva chiunque provasse a mettere un cuore ai tweet in cui Trump si attribuiva indebitamente la vittoria che i risultati ufficiali delle elezioni americane non erano ancora arrivati. Fonte: SocialMediaToday

Altri utenti però, qualche giorno dopo, avevano segnalato avvisi simili che, semplicemente, avvertivano l’utente prima di – e, possibilmente, lo dissuadessero da – mettere like su Twitter a contenuti infondati secondo moderatori e fact-checker della piattaforma.

A che serve dissuadere gli utenti dal mettere like su Twitter a contenuti infondati o fake

L’obiettivo di questa nuova feature, del resto, sembrerebbe essere migliorare infosfera e ambiente informativo sulla piattaforma dei cinguettii o, per citare letteralmente il testo del pop-up, «far restare Twitter un posto adatto all’informazione accurata».

Sebbene insomma dal social non sia arrivata alcuna conferma ufficiale riguardo alla nuova impostazione (il team di Dorsey si è limitato a commentare, in un tweet, quanto importante sia stato, soprattutto durante la campagna elettorale e all’indomani del voto americano del 4 novembre 2020, «fornire informazioni di contesto» sui messaggi etichettati come controversi e sui media manipolati), la strategia adottata sembra essere ancora una volta quella della frizione. Molto più pragmaticamente, gli utenti potranno comunque continuare a mettere like su Twitter a contenuti infondati e tweet contenenti bufale o deep fake, ma solo dopo essere stati avvisati e consapevoli quindi di quello che stanno per fare. Un passaggio – letteralmente un click – in più dovrebbe scoraggiare, in altre parole, i cuoricini facili ed evitare che messaggi e informazioni già oggetto di fact-checking continuino a essere condivisi e ricondivisi, rischiando di diventare virali.

Perché ora Twitter non suggerisce più i tweet a cui gli amici hanno messo Like

Quello che Twitter ha già ammesso di aver fatto è, del resto, aver smesso di suggerire sulla home o tramite apposite notifiche tweet a cui altri utenti o account ufficiali che si seguono hanno messo like. L’intento era anche in questo caso evitare di dare eccessiva visibilità a tweet o contenuti controversi o non verificati: quello che spesso accade negli ambienti digitali è che, soprattutto quando si tratta di messaggi condivisi da familiari, amici o più in generale personaggi e account pubblici di cui ci si fida, si abbassi la soglia di attenzione e si tenda a considerarli automaticamente veri, affidabili e a non assicurarsi, prima di mettere like o ricondividerli a propria volta, che l’immagine contenuta non sia manipolata o il fatto a cui si fa riferimento sia un’evidente bufala. Spesso se a mettere un cuoricino al tweet sono stati prima gli amici ci si ritrova addirittura a non aprire neanche il link contenuto prima di ritwittarlo.

Proprio per ovviare a situazioni come l’ultima, Twitter ha cominciato a chiedere di aprire i link prima di fare retweet. E non è stata l’unica azione intrapresa in vista della campagna elettorale per le presidenziali 2020. Con largo anticipo Twitter, come la maggior parte delle altre piattaforme digitali, ha stabilito delle policy ad hoc per rendere più trasparenti pubblicità e sponsorizzazioni politiche sulla piattaforma. È stato potenziato l’uso dell’etichetta che segnala i tweet fake o contenenti informazioni errate o infondate: qualcuno ricorderà, anzi, questa tornata elettorale come quella in cui per la prima volta Twitter ha segnalato un tweet di Trump, non senza che egli ne approfittasse per dichiarare guerra ai big del social networking. Il team di Dorsey si è impegnato per consentire ogni giorno di ottenere più informazioni di contesto sui trend del momento su Twitter. E ancora, a proposito del creare frizione e scoraggiare la condivisione di informazioni fuorvianti, è stato proposto di default agli utenti di citare il tweet e non semplicemente ritwittarlo.

Non si sarebbe trattato di misure estemporanee o fini a se stesse. Anche dopo il voto del 4 novembre, infatti, Twitter ha confermato di «voler continuare a lavorare per proteggere l’integrità delle elezioni» americane, ma non solo. Non è difficile immaginare, infatti, che feature e policy simili potrebbero essere sfruttate anche nel corso di altre tornate elettorali dell’immediato futuro, ammesso che nel frattempo non vengano ritirate (e in questo senso mancano posizioni ufficiali da parte di Twitter).

Le policy di Twitter contro la disinformazione elettorale durante le presidenziali americane 2020 hanno funzionato?

Intanto dalla piattaforma hanno provato a stimare l’impatto concreto che queste misure hanno avuto sulla qualità delle conversazioni su Twitter durante le ultime settimane di campagna elettorale e all’indomani del voto. L’ultima impostazione in particolare, l’impossibilità di ricondividere il tweet se non usando la funzione “cita”, avrebbe ridotto di un quarto complessivamente le ricondivisioni di contenuti postati da altri account (più nel dettaglio sarebbero diminuiti del 23% i retweet e del 26% i tweet citati) e ciò sarebbe riconducibile, a detta del team di Twitter, a «un rallentamento nella diffusione di disinformazione». Complessivamente lo 0.2% dei tweet riferiti alle elezioni americane è stato etichettato come violante gli standard della community per quanto riguarda la cosiddetta «Civic Integrity»: si tratterebbe, in numeri, di oltre 300mila tweet etichettati e in qualche caso – una percentuale davvero minoritaria, va detto – coperti da un apposito messaggio come quello usato per i tweet controversi di Trump sul voto via posta che la maggior parte di utenti, circa il 74%, ha fortunatamente visto solo dopo il controllo da parte di fact-checker e moderatori. Spinte gentili (o, in gergo, un atteggiamento di ” nudging “) come queste da parte delle piattaforme sembrano, insomma, avere riscontri concreti sulla salubrità e sulla libera partecipazione al discorso pubblico negli ambienti digitali. Lo sforzo delle stesse non si può dire, quindi, certamente concluso ed è probabile, al contrario, che, proprio come durante la recente campagna elettorale, le big tech assumeranno un atteggiamento sempre più interventista. 

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