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No, Facebook non ha detto che non funzionerà più in Europa se non potrà esportare dati in America

Facebook non funzionerà più in Europa se non potrà trasferire dati in USA?

Dopo che la Data Protection Commission irlandese ha vietato di esportare dati europei sui server americani, si è diffusa la notizia che Facebook non funzionerà più in Europa. Pur smentita, parla delle difficoltà reali che la compagnia potrebbe avere a continuare a fornire i propri servizi agli utenti comunitari.

Facebook non funzionerà più in Europa, e lo stesso potrebbero fare altre app di casa Zuckerberg, Instagram in primis, se cambieranno, come già hanno cominciato a fare, le regole per il trasferimento dei dati comunitari in America. La notizia ha creato non poco allarme nei giorni scorsi tra utenti, investitori, marketer, prima di essere contestualizzata e in parte rettificata. Quello che sta succedendo davvero con Facebook in Europa è infatti che la compagnia, nella persona di Yvonne Cunnane, head of Data Protection di Facebook Irlanda, ha scritto una dichiarazione giurata per provare a fare ricorso contro la decisione di una corte irlandese che la obbligava allo stop dei trasferimenti di dati dei cittadini europei verso gli Stati Uniti.

Così il divieto di trasferire i dati comunitari in America ha fatto temere che Facebook non funzionerà più in Europa

Come ha riportato tra i primi The Wall Street Journal, infatti, ad agosto 2020 la Data Protection Commission irlandese ha emesso nei confronti di Facebook un ordine preliminare che obbligava l’azienda a fermare il trasferimento di dati dei cittadini europei verso i server statunitensi. La ragione è, semplificando, la discrepanza di strumenti, anche legali, in mano agli utenti comunitari per fare ricorso contro eventuali azioni di data surveillance da parte del governo americano. È la stessa ragione per cui, continua The Wall Street Journal, già a luglio 2020 si era messa in dubbio la validità di un meccanismo come il Privacy Shield che fin lì aveva permesso, appunto, il trasferimento di dati dall’Europa verso gli USA e, spiega la commissione per la data protection irlandese, per cui anche le cosiddette Standard Contractual Clauses (o SCCs) sfruttate da Facebook per trasferire i dati dei propri utenti negli Stati Uniti non sarebbero da ritenersi valide considerato che, nel paese di destinazione, operazioni e controlli governativi sui dati non rispettano gli standard europei. A seguito di questa decisione preliminare dell’authority irlandese, comunque, Facebook sarebbe costretto a reingegnerizzare gran parte dei propri processi per riuscire a mantenere separati i dati degli utenti europei da quelli degli utenti di altri paesi, pena una possibile multa del 4% delle proprie entrate globali.

Da qui appunto la minaccia che Facebook non funzionerà più in Europa che, però, lo conferma la maggior parte delle fonti in materia, più che una minaccia è stata fin da subito la presa di coscienza che, senza poter trasferire i dati dei propri utenti europei in America, sarà difficile per la compagnia continuare a offrire i servizi di Facebook anche in Europa come fatto finora.

È Vice a pubblicare alcuni stralci significativi dell’affidavit di Facebook Irlanda. Tanti i punti contestati alla Data Protection Commission. Tra questi, innanzitutto il tempo di tre settimane entro cui la compagnia dovrà dare una risposta all’ordine preliminare, considerato «chiaramente inadeguato» in considerazione della necessità di ripensare completamente molti processi operativi e organizzativi interni all’azienda se davvero non si potranno più trasferire dati degli utenti europei sui server americani. Inoltre, anche il fatto che la decisione sia stata presa «in solitaria» dal commissario per la data protection irlandese, condizione che potrebbe non assicurare la completa adeguatezza del processo investigativo. Soprattutto, però, Facebook lamenta di «non essere stato trattato equamente» dal momento che la decisione non riguarda anche altre compagnie che operano simili trasferimenti di dati dall’Europa verso l’America, ragione per cui la stessa potrebbe contribuire a valle a «serie distorsioni della competizione». In considerazione di tutti questi aspetti, se ci sarà «una completa sospensione» dei trasferimenti dei dati comunitari negli USA, Facebook non funzionerà più in Europa o, meglio, per citare ancora il documento giurato in questione «non sarà chiaro se si potrà continuare a fornire in Europa servizi come quelli di Facebook e Instagram».

Perché non poter trasferire in America i dati europei potrebbe essere deleterio per Facebook (e le altre big tech)

A chiarire ogni dubbio sulla vicenda, se ne fossero rimasti, è intervenuto più tardi anche il vicepresidente e responsabile degli Affari Globali di Facebook, Nick Clegg. Come riporta TechCrunch, durante l’European Business Summit, questo avrebbe ribadito che «ovviamente» Facebook non ha intenzione di ritirarsi e ritirare i propri servizi dall’Europa perché «intende continuare a fornire un servizio agli utenti e alle piccole e medie imprese europee» – ma anche, verrebbe da aggiungere, perché solo in Europa Facebook ha 410 milioni di utenti attivi al mese che generano traffico e dati da monetizzare – e che, però, una decisione come quella della Commissione irlandese potrebbe avere «effetti profondi su come operano, non solo i nostri servizi, ma anche un’infinità di altre compagnie», se non addirittura «sull’intera economia» comunitaria. Nel proprio lungo discorso Clegg ha fatto riferimento, infatti, sia al gran numero di aziende europee che ogni giorno sfrutta gli strumenti dell’universo Facebook per fare business e, cioè, per arrivare più facilmente ai propri clienti – ancora secondo TechCrunch si tratterebbe di almeno 25 milioni di aziende a cui la sola Facebook advertising, per esempio, frutta in vendite oltre 200 miliardi – sia ai più recenti fondi stanziati da Facebook per sostenere le PMI durante l’emergenza coronavirus e sia ancora, più in generale, al fatto che tutte le attività economiche anche in Europa sono da considerare, ormai, delle attività economiche data-driven. Limitare geograficamente la circolazione dei dati potrebbe creare danni irreparabili ora che c’è da ricostruire economie globali – per parafrasare, tra l’altro, il titolo del panel all’EBS durante il quale Clegg è intervenuto sulla vicenda – messe a dura prova dalla pandemia. Senza contare, tra l’altro, che le limitazioni al trasferimento dei dati europei sui server stranieri della big tech potrebbe causare problemi ai sistemi di tracciamento delle app, come Immuni, sviluppate dai diversi governi per il contenimento del contagio da coronavirus. Sono queste le principali tesi di Facebook che non smette questa volta di funzionare in Europa, ma dimostra che la corsa a regolamentare la posizione delle piattaforme e dei propri gestori e a chiedere loro più trasparenza e più compliance alle normative su privacy e dati personali ha appena mosso i suoi primi passi.

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