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Perché L'Oréal rimuoverà termini come "sbiancante" dalle etichette dei propri prodotti e cosa c'entra con la sfida dell'inclusione

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L'Oréal rimuoverà termini come "sbiancante" dalle etichette dei prodotti in omaggio alla Black community, ma non è l'unico brand a farlo.

Dopo il boicottaggio della pubblicità su Facebook, continuano le iniziative aziendali di solidarietà verso il #BlackLivesMatter. L’Oréal rimuoverà termini come sbiancante dalle etichette dei propri cosmetici, per esempio, in sostegno alla Black community e alle proteste antirazziste seguite in America alla morte di George Floyd. Bannate anche le coppie di attributi “chiaro/chiarificante” e “luminoso/illuminante”, spesso utilizzate per descrivere gli effetti di creme viso, basi trucco, prodotti per la beauty routine ma che, altrettanto spesso, hanno attirato l’attenzione degli attivisti di colore in quanto metafora di come l’industria del beauty finisca per prima a promuovere stereotipi di bellezza all’occidentale.

Perché la notizia che L’Oréal rimuoverà termini come “sbiancante” dalle etichette ha generato polemiche

Le polemiche non sono mancate: la decisione di rimuovere dalle etichette dei prodotti L’Oréal termini che ne suggerissero l’essere tarati sui bisogni delle pelli più chiare è stata bollata come meramente simbolica, se non ipocrita, dalla stessa Black community a cui l’iniziativa era rivolta e non solo. Già quando L’Oréal aveva espresso con un tweet la propria solidarietà agli attivisti di colore che protestavano a Minneapolis e in diverse altre città americane chiedendo più diritti civili e per tutti, racconta la CNN, non erano mancati commenti al vetriolo e accuse di woke-washing: mentre il brand , tra i più noti di cosmetica a livello internazionale, si diceva a parole pronto a combattere «qualsiasi tipo di ingiustizia», erano questi gli argomenti dei detrattori, nei fatti e guardando a scelte sia di mercato e sia di comunicazione, sembrava piuttosto interessato ai soli profitti, anche quando ciò significava perpetrare un’idea decisamente âgée e prettamente occidentale di bellezza, femminile soprattutto. Sia in quell’occasione e sia davanti alla notizia che L’Oréal rimuoverà termini come “sbiancante” dalle etichette dei propri prodotti, così, c’è stato chi ha fatto notare che fa parte del passato recente dell’azienda la vicenda di Munroe Bergdorf: la modella, una delle prime modelle inglesi transgender tra l’altro, era stata licenziata da L’Oréal nel 2017 dopo aver pubblicamente condannato razzismo e suprematismo bianco. La stessa modella si sarebbe detta sorpresa, in negativo, dell’inedito attivismo di brand a favore del Black Lives Matter, proprio mentre uno dei vertici aziendali guardando al passato e a come era stata gestito l’intero affaire che la vedeva coinvolta avrebbe pubblicamente espresso, dal suo canto, «grande rammarico». Il tempismo di questo botta e risposta non è certo dei migliori e il dubbio che sostenere la causa della Black community internazionale sia il tentativo di prendere una posizione rispetto a un tema al momento molto sentito dall’opinione pubblica, certo, ma anche una grande operazione di business, così, è lecito.

Le rivendicazioni della Black community nei confronti dei brand di cosmetica sono più vecchie del Black Lives Matter

Non solo L’Oréal rimuoverà termini come “sbiancante” dalle etichette dei propri cosmetici, infatti: la decisione del brand francese sembra imitare, o rincorrere in una logica di mercato, quanto già fatto da altri competitor . La branca indo-bangladese di Unilever ha già annunciato di voler rinominare una serie di prodotti illuminanti per la pelle originariamente commercializzati come “Fair and lovely”: un aggettivo, “fair” (“chiaro”), non certo tra quelli che meglio si adattano alla carnagione delle tante e dei tanti clienti della regione che pure, come riporta The Guardian, lo scorso anno sono fruttati al gruppo oltre 500 milioni di dollari. Più drastica la scelta di Johnson & Johnson che avrebbe deciso di ritirare almeno dal mercato asiatico e mediorientale diversi prodotti pubblicizzati e venduti come «schiarenti» e come «rimedi contro le macchie scure».

Il mondo del beauty e della cosmetica non sono nuovi a questo tipo di operazioni: a più riprese, infatti, con più o meno veemenza e a volte organizzando veri e propri boicottaggi nei confronti delle aziende del settore, la Black community ha fatto notare quanto anacronistico sia scegliere di default le tonalità più chiare ogni qual volta si debbano realizzare prodotti color carne, dai fondotinta all’intimo o agli accessori moda.

Dai cerotti alle matite colorate, la rivoluzione dei prodotti color carne

Persino Band-Aid, un’azienda americana che produce cerotti e garze adesivi, è stata più volte nell’occhio del ciclone proprio per i suoi cerotti rosa che tutto erano tranne che invisibili sulla pelle di afro-americani, mediorientali e così via. Riprendendo un’idea di qualche anno fa, così, l’azienda ha lanciato sul mercato in queste settimane cerotti in cinque tonalità diverse, che si adattino il più possibile alle diverse carnagioni e «celebrino la bellezza di tutte le pelli». Parte del ricavato della vendita dovrebbe confluire nella donazione, già prevista dall’azienda, a favore del movimento Black Lives Matter come piccola «azione tangibile per stimolare il cambiamento a favore della Black community».

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We hear you. We see you. We’re listening to you.⁣ ⁣ We stand in solidarity with our Black colleagues, collaborators and community in the fight against racism, violence and injustice. We are committed to taking actions to create tangible change for the Black community.⁣ ⁣ We are committed to launching a range of bandages in light, medium and deep shades of Brown and Black skin tones that embrace the beauty of diverse skin. We are dedicated to inclusivity and providing the best healing solutions, better representing you.⁣ ⁣ In addition, we will be making a donation to @blklivesmatter.⁣ We promise that this is just the first among many steps together in the fight against systemic racism.⁣ ⁣ We can, we must and we will do better.

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Incentrata sui bambini e sull’importanza di insegnare loro valori come il rispetto della diversità, l’inclusione, la multietnicità è anche la scelta di Faber-Castell di aggiungere alle proprie confezioni matite colorate in sei tonalità diverse che richiamano altrettanti colori della pelle. “Children of the World (questo è il nome scelto per il set) è stato studiato con professionisti dell’infanzia ed esperti di cosmetica: l’obiettivo era, infatti, aiutare i bambini a riconoscersi e a riconoscere l’altro anche a partire dal disegno e dalla possibilità di rappresentarsi nella maniera più realistica possibile; da qui la necessità di collaborare con professionisti di make-up per individuare le tonalità migliori, più adatte a dare vita sul foglio a davvero tutti i possibili colori della pelle, tanto più che grazie alla consistenza piuttosto morbida della mina, le tre matite bipunta possono essere utilizzate insieme in infinite combinazioni.

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