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Gli eventi dopo il coronavirus? No, non saranno solo digitali

eventi dopo il coronavirus

Vale svariati miliardi, in Italia e all'estero: come cambierà il settore degli eventi dopo il coronavirus? Nelle previsioni non c'è solo il digitale.

Secondo le previsioni degli esperti, dalle competizioni sportive con pubblico a concerti, fiere e congressi, i grandi eventi non torneranno prima del 2021. Impossibile, infatti, in occasioni come queste chiedere ai partecipanti di mantenere la «distanza droplet» – così l’ha rinominata Federcongressi nelle proprie linee guida per la ripartenza di concorsi e meeting business: è quella separazione interpersonale di uno o due metri, a seconda dei casi, che abbasserebbe il rischio di contagio – o di indossare dispositivi di protezione individuale e, più in generale, di attenersi alle principali misure igienico-sanitarie anti-COVID-19. Se sono stati uno dei comparti più duramente colpiti dal lockdown, insomma, il futuro degli eventi dopo il coronavirus appare, se possibile, ancora più incerto.

Quanto è costato lo stop a eventi e manifestazioni dal vivo

Mentre in Italia impazzano le proteste dei lavoratori dello spettacolo, esclusi dalla maggior parte delle misure di sostegno statali, e un po’ ovunque si discute del destino dei principali campionati sportivi e di come reinventare nicchie come quelle del bleisure e degli eventi di lavoro o del destination wedding , c’è chi ha provato a calcolare l’impatto economico dello stop agli eventi dal vivo. Ancora secondo Federcongressi, per esempio, nelle settimane di lockdown più stringente e durante questa fase 2 di primi allentamenti delle misure anti-contagio in Italia si è rinunciato a un comparto che genera 65,5 miliardi all’anno, con un impatto diretto sul PIL di almeno 36 miliardi e che prima della crisi dava lavoro a quasi 570mila addetti. Per questo dovrebbe essere prioritario occuparsi di quando e come far riprendere in sicurezza gli eventi dopo il coronavirus.

Perché il futuro degli eventi dopo il coronavirus non è (solo) nei digital event

La migrazione al digitale di concerti, spettacoli teatrali, conferenze, eventi di settore ma anche di eventi privati infatti è stata massiva in questi mesi, ma potrebbe non rappresentare la soluzione di lungo termine per il settore.

A casa in quarantena ci siamo accontentati di vedere (o rivedere) comodamente dal divano l’opera del Teatro San Carlo di Napoli, di essere spettatori a distanza del cartellone della Royal House di Londra, di celebrare collettivamente con un concerto virtuale di centinaia di star internazionali l’Earth Day 50. Per non parlare delle ricorrenze private, più o meno felici, celebrate su Zoom o con un Video Party su Facebook e di eventi aziendali o locali più piccoli nelle dimensioni che sarebbero stati cancellati non fosse per le opportunità offerte dalle piattaforme per il live streaming, che hanno rimpolpato il conto delle iniziative per #iorestoacasa. Persino le prossime fashion week – quella di Parigi, dal 9 al 13 luglio 2020, e quella uomo Milano, dal 14 al 17 luglio – saranno completamente digitali, sorte già toccata ad altri appuntamenti fissi e molto attesi in diversi settori, dal Salone del Libro di Torino ai numerosi eventi di marketing e digitale.

Organizzare dei digital event richiede, però, una certa familiarità con gli ambienti digitali e le dinamiche al loro interno oltre che, come sottolineano da Say What, il coinvolgimento di professionisti di regia, grafica, animazione 3D, se non si vuole dare l’impressione di eccessiva amatorialità o si vogliono scongiurare imprevisti di qualsiasi sorta. Uno dei vantaggi degli eventi digitali, e lo ha dimostrato chiaramente la reazione del settore all’emergenza coronavirus, è del resto la possibilità di personalizzarne quasi completamente, e certo più di quanto sia possibile dal vivo, il programma e di farlo letteralmente su misura di gusti ed esigenze del singolo partecipante: molte piattaforme permettono, infatti, di gestire stanze diverse e on-stage contemporaneamente, proprio come se si trattasse di sessioni parallele tra cui chi partecipa all’evento può scegliere, anche eventualmente a seconda del tipo di biglietto o di ingresso acquistato. Non è difficile capire, insomma, come e perché tale complessità organizzativa degli eventi digitali si addica solo a realtà (corporate, del mondo dello spettacolo, ecc.) che abbiano già una certa vocazione e una certa cultura orientata al digitale.

Dalla necessità di riscrivere la dimensione esperienziale alla profittabilità degli eventi digitali

Almeno altre due considerazioni impediscono ritenere quelli digitali il futuro – l’unico, almeno – degli eventi dopo il coronavirus e sono considerazioni che hanno a che vedere con aspetti economico-retributivi da un lato e, dall’altro, con il modo in cui siamo abituati a vivere le esperienze di svago, formative, lavorative, culturali.

Partendo dall’ultima, come sottolinea tra gli altri The Drum, nonostante ci siano ormai numerose evidenze che quella degli eventi dal vivo è una delle industrie più inquinanti e meno sostenibili da un punto di vista ambientale, anni e anni di marketing dell’esperienza ci hanno convinto dell’importanza e dell’imprescindibilità in molti campi della dimensione fisica e del coinvolgimento sensoriale e olistico dell’utente. A meno di non investire in maniera massiccia in realtà aumentata e tecnologie immersive o di non ricorrere ad avatar e mondi virtuali, così, nel medio periodo non saremo disposti a rinunciare in toto agli eventi dal vivo, dove dal vivo significa soprattutto in presenza e in compagnia degli altri. Con ogni probabilità, così, dai corporate event alle fiere di settore, per gli eventi dopo il coronavirus si sceglieranno formule ibride: il trend sarà, cioè, quello di piccoli eventi organizzati dal vivo e su base locale o iper-locale, in cui sarà più facile per i partecipanti anche fare network per esempio, ma connessi grazie allo streaming e ad altre tecnologie digitali a un evento madre, di maggiori dimensioni, anche globale, completamente digitale. I cambiamenti nel settore eventi dopo il coronavirus, del resto, andranno raccordati con quelli di altri settori affini, quello dei viaggi su tutti: nella nuova normalità post pandemia ci si sposterà per lavoro o per piacere con meno frequenza e con più cautela e più precauzioni e, inevitabilmente, ciò chiederà di riscrivere anche le leggi di un turismo basato sugli eventi.

Quanto alla sostenibilità economica del settore eventi nel mondo post coronavirus, invece, si dovrà fare i conti con innumerevoli fattori, dal minore potere di spesa delle persone alla necessità di rendere profittabili anche gli eventi digitali per esempio. Nell’immediato futuro, cioè, potrebbe non esserci mercato per grandi appuntamenti di settore con formule complesse o ospiti eccellenti ma tariffe e biglietti altrettanto eccellenti, da un lato, e, dall’altro, si potrebbe dover rinunciare a offrire gratis dirette ed eventi online, sia su piattaforme proprietarie, sia qualora si utilizzino servizi terzi. Uno dei temi cruciali di questi mesi di stop degli eventi dal vivo è stato, infatti, come assicurare un giusto compenso a lavoratori dello spettacolo, formatori, performer e più in generale a chi stava trasformando in digitali eventi in qualche caso già organizzati da tempo e con costi logistici non considerevoli. Lo stesso Facebook, tra le novità come i Facebook Shops o gli incentivi anti-COVID-19 destinati alle piccole e medie imprese, ha annunciato una speciale feature in arrivo che permetterà di prevedere un biglietto e far pagare le dirette su Facebook: non ci sono ancora molti dettagli su che tipo di dirette a pagamento si potranno fare – se solo dalle pagine o anche nei gruppi o avviate da singoli utenti – ma il team ha già annunciato che, contemporaneamente, si potranno taggare come «solo online» gli eventi su Facebook, piccola novità ma piuttosto pratica per chi organizza digital event e ha necessità di comunicare in chiarezza con il proprio pubblico.

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