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App Immuni: ecco come utilizzare e come scaricare l'applicazione scelta per contrastare il coronavirus in Italia

App Immuni per il tracciamento dei contagi da COVID-19

L'app Immuni è disponibile per i dispositivi Android e iOS e serve a combattere la diffusione del coronavirus: ecco come usarla e le prime reazioni.

È il sistema ufficiale per il tracciamento dei contagi in Italia ed è già scaricabile sull’App Store di Apple e su Google Play (per gli smartphone Android) l’app Immuni è stata scelta dal governo italiano per aiutare a segnalare gli utenti potenzialmente contagiati dal coronavirus, contribuendo così a ridurre la diffusione del virus.

A cosa serve L’APPLICAZIONE?

«Immuni si prende cura di te»: è questa la promessa fatta agli utenti appena installata l’applicazione. «Se sei entrato in contatto con un utente in seguito risultato positivo al virus, Immuni ti notifica e ti fornisce indicazioni per proteggere la tua salute e quella dei tuoi cari».

Fonte: GitHub

Progettata da Bending Spoons, Immuni è stata sviluppata dal Commissario Straordinario per l’Emergenza COVID-19 in collaborazione con il Ministero della Salute e il Ministero per l’ innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione. Essa sfrutta la tecnologia Bluetooth, che consente a due dispositivi, come gli smartphone, di comunicare tra di loro a brevi distanze: da qui l’uso dell’espressione “software di contact tracing” o di tracciatura dei contatti, come si legge nell’Ordinanza n.10/2020 pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

Grazie a una simile app è ora possibile rilevare se due persone sono state troppo vicine (e quindi a rischio contagio). Questo tipo di rilevamento dovrebbe consentire di risalire più facilmente alle catene di contagio, contribuendo a interromperle più velocemente, oltre a promuovere il mantenimento della distanza sociale tra gli utenti.

Come si può leggere nelle informazioni disponibili nell’app, il “sistema di notifiche di esposizione” di Immuni si basa in particolare sulla tecnologia Bluetooth Low Energy, in modo tale da garantire così il risparmio energetico del dispositivo, non utilizzando dati di geolocalizzazione come quelli del GPS. Poiché non vengono raccolti dati personali dell’utente, il sistema riesce a “comprendere” che c’è stato un contatto tra due utenti, senza però accedere all’identità delle persone o al luogo in cui esse si sono incontrate.

Come usare l’app Immuni?

Nello specifico, come si potrà utilizzare quest’app? Una volta installata l’app, dopo una breve presentazione generica, il primo passo è inserire la regione e la provincia di residenza che, come esplicitato, sarebbero gli unici dati personali richiesti per procedere e necessari per rilevare e monitorare eventuali focolai di contagio.

Lo step successivo è la richiesta di consenso ad abilitare le notifiche di esposizione al COVID-19: è questa la funzionalità che, una volta attiva, consente all’app di informare l’utente su un eventuale contatto con persone infette. Come descritto nell’app, «le notifiche di esposizione richiedono che il servizio di localizzazione sia attivo a livello di sistema»: di conseguenza, Immuni non ha accesso alla posizione o agli spostamenti dell’utente.

Fonte: App Immuni.

Il sistema associa a ogni smartphone dei codici temporanei che servono a identificare esclusivamente quel singolo dispositivo e che cambiano diverse volte ogni ora. La tecnologia Bluetooth si occupa di effettuare l’analisi dei dintorni e di rilevare l’eventuale avvicinamento ad altri smartphone (e dunque potenziali contatti con altri utenti) che usano l’app, ognuno con un codice identificativo diverso. Quando i telefoni di due utenti Immuni si incontrano, si scambiano automaticamente i rispettivi codici, consentendo all’app di tenere traccia del contatto avvenuto.

Un utente che risulti positivo al virus può decidere di caricare su un server i codici casuali che il proprio dispositivo ha generato nei giorni precedenti, in modo tale da consentire all’applicazione di notificare agli utenti Immuni con chi è entrato in contatto.

Per quanto riguarda la procedura che consente la “dichiarazione di positività” da parte dell’utente, l’inserimento dei codici in questione può essere effettuato esclusivamente mediante la supervisione di un «operatore sanitario autorizzato», come si legge in una delle schermate pubblicate su GitHub, servizio di hosting per progetti software, dove sono state recentemente condivise delle informazioni relative alla grafica e al funzionamento di quest’app.

Fonte: GitHub

Come scaricare l’app immuni? Consigli, avvertimenti e tutela della privacy

A chiunque decida di scaricare l’applicazione, disponibile al download dal 1 giugno 2020, può essere richiesto l’aggiornamento del sistema operativo all’ultima versione (ossia iOS 13.5 nel caso degli iPhone e per Android almeno la versione 6 con Google Play Services alla versione 20.18.13).

Dall’8 giugno 2020 l’app è diventata compatibile anche con buona parte dei dispositivi Huawei e Honor, anche se il relativo download resta non effettuabile per gli smartphone più recenti, non compatibili con i servizi di Google. Il problema tecnico in questione è una conseguenza del bando che impedisce ad aziende cinesi come Huawei di acquistare da aziende americane prodotti e servizi. Per questa ragione (e fino a nuovi aggiornamenti da parte degli sviluppatori di Bending Spoons), utenti che possiedono nuovi modelli come Huawei Mate 30, P40, Serie Y, Mate Xs e Honor 9X Pro non potranno ancora scaricare l’app.

Il servizio è attivo dall’8 giugno in Liguria, Marche, Abruzzo e Puglia, ma dovrebbe entrare a pieno regime nel resto d’Italia il 15 giugno. Per ulteriori dubbi o problemi con il download dell’applicazione negli store citati è possibile accedere al sito di Immuni oppure chiamare al numero verde 800912491 per avere chiarimenti.

Fonte: App Immuni.

Si tratta di uno strumento utile per combattere la pandemia «e ciascun utente ne aumenta l’efficacia complessiva», motivo per cui il Ministero della Salute «consiglia vivamente di installare l’app, usarla correttamente e incoraggiare parenti e amici a fare lo stesso», sottolineando tuttavia la non obbligatorietà del relativo uso.

Scaricando questo strumento, comunque, gli utenti vengono subito avvertiti su eventuali false comunicazioni da parte di soggetti malintenzionati che potrebbero richiedere delle informazioni personali a nome di quest’applicazione.

A questo proposito, proprio il giorno in cui l’app Immuni è stata resa disponibile per il download, è stato avviato da cybercriminali un tentativo di diffusione di un virus al fine di una truffa informatica. Gli utenti riceverebbero una email che li invita a cliccare in un sito fasullo, che imita quello della Federazione Ordini dei farmacisti italiani, per far scaricare un file dal nome Immuni e diffondere, in questo modo, un randsomware (dal nome “FuckUnicorn”).

In materia di privacy la tecnologia in questione sembra essere quella più adatta a tutelare i dati e l’identità degli utenti, poiché il Bluetooth andrebbe solo a rilevare l’eventuale avvicinamento tra due smartphone (a una distanza di circa un metro). Ovviamente un tale sistema potrebbe risultare efficace in ottica contenimento e prevenzione dei contagi soltanto nel caso in cui ci sia un’adesione volontaria massiccia da parte della popolazione.

Coerentemente con quanto si legge nell’app, il Consiglio dei Ministri tenutosi il 29 aprile 2020 aveva già confermato che non ci sarà alcun tipo di conseguenza per i cittadini che sceglieranno di non istallare l’app.

Il sistema scelto dal governo italiano segue le dritte fornite qualche settimana fa da Apple e Google ai governi per il funzionamento di applicazioni per il tracciamento dei contagi,raccogliendo, per impostazione predefinita, soltanto i dati personali esclusivamente necessari ai fini sopra indicati. Come esplicitato nell’applicazione, infatti, non vengono dunque raccolti dati come nome, cognome, indirizzo, email, cellulare, né dati relativi alla geolocalizzazione degli utenti.

Secondo le indicazioni definite durante il Consiglio dei Ministri citato, tutti i dati raccolti da Immuni resteranno sul dispositivo a meno che non si risulti contagiati: in questo caso, la lista dei codici dei relativi contatti verrà invece comunicata alle autorità sanitarie. A queste ultime infatti toccherà il trattamento dei dati, che circoleranno e che verranno archiviati esclusivamente all’interno di server gestiti da enti pubblici in Italia. Tutti i dati, sia quelli salvati sul dispositivo che sul server, verranno poi cancellati alla fine della pandemia e in ogni caso entro il 31 dicembre 2020, come esplicitato nei differenti store.

APP IMMUNI: Le prime reazioni

Come si legge in un articolo de la Repubblica, l’app Immuni è stata scaricata da 2 milioni di italiani, ma non sono mancate critiche e paure relative a questioni di varia natura: dai dubbi (spesso infondati) su privacy e tutela dei dati alle difficoltà di eseguire i tamponi in tempi brevi a coloro i quali ricevono la notifica per essere entrati in contatto con un utente infetto.

Le prime reazioni all’applicazione hanno riguardato anche il design e in particolare due icone che raffiguravano un uomo al lavoro al computer e una donna con in braccio un bambino: le illustrazioni dell’app sono state subito modificate perché ritenute sessiste da molti utenti e criticate anche da diversi esponenti politici.

Fonte: Sito ufficiale di Immuni

Fonte: Sito ufficiale di Immuni

Inoltre, parallelamente all’app Immuni sono spuntate diverse applicazioni, nelle differenti regioni, volte al tracciamento dei contagi. In merito a queste iniziative locali, però, il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha dichiarato di non essere preoccupato, aggiungendo: «Quando studiavo mi dicevano che la moneta buona scaccia quella cattiva e sono sicuro che Immuni sarà la più utile per le esigenze».

Le linee guida dell’Unione EuropeA sulle app di tracciamento dei contagi

Con l’uso del Bluetooth e l’assenza di un meccanismo di geolocalizzazione, l’app Immuni soddisfa due importanti criteri definiti dall’Unione Europea relativamente alle caratteristiche che devono avere i sistemi per il tracciamento dei contagi da COVID-19. Queste linee guida mirano in particolare a tutelare la privacy degli utenti, definendo inoltre che l’installazione delle app deve essere effettuata dai cittadini in maniera volontaria, rispettando inoltre l’anonimato: l’obiettivo di app di questo tipo non deve essere quello di «seguire i movimenti delle persone o di far rispettare le regole» perché questo «creerebbe grossi problemi di sicurezza e di privacy», come si può leggere sulla lettera emanata dalla Commissione Europea al riguardo.

L’Unione Europea sottolinea inoltre il bisogno di garantire l’interoperabilità delle app tra paesi ricordando come sia importante che questi sistemi siano in grado di proteggere i cittadini anche quando essi si spostano all’estero.

In cina un qr code indica lo stato di salute degli utenti (e dove possono o meno entrare)

Ben lontano dal focus di queste direttive europee è invece il sistema già in utilizzo in Cina, dove, in alcune città, i cittadini si vedono costretti a scaricare un’app per poter accedere agli spazi pubblici e a molti servizi.

app cina qr code e app immuni

Fonte: CNN

Si chiama Alipay Health Code e su quest’app cinese gli utenti devono inserire i propri dati anagrafici e lo storico medico, se presentano dei sintomi da coronavirus e se sono stati in contatto con una persona infettata: una volta confermate queste informazioni dalle autorità, viene assegnato un qr code verde, giallo o rosso a seconda dello stato di salute.

Sarà il colore a stabilire se essi possono entrare nella metro, in un ristorante o andare a lavoro: se è verde sono liberi di proseguire, se è giallo o rosso non possono entrare. Anche se l’uso dell’app non è ancora obbligatorio, stando a quanto riportato dal New York Times, in città come Hangzhou è diventato praticamente impossibile spostarsi senza far vedere il proprio QR Code. Appesi in giro per la città ci sono delle locandine che ricordano a tutti le regole da seguire. Inoltre, a chiunque sia stato attribuito il codice giallo può essere richiesto per esempio di restare a casa per sette giorni, mentre in caso di codice rosso può essere chiesto di non farlo per due settimane.

Secondo l’analisi del New York Times, il sistema in questione non si limita a rilevare se qualcuno rappresenta un rischio in termini di diffusione del virus. Sembra che l’applicazione in questione condivida i dati degli utenti con la polizia, portandoci a riflettere sulla nascita di nuove modalità di controllo sociale che potrebbero restare attive anche dopo la fine della pandemia.

Ecco il tipo di rischio che l’Unione Europea vuole cercare di evitare per quanto concerne il rispetto della privacy dei cittadini. Come si può leggere nel comunicato sopracitato, un’attenzione crescente deve essere posta su questo tema «allo scopo di minimizzare intromissioni nella vita privata, permettendo contemporaneamente il trattamento dei dati con lo scopo di preservare la salute pubblica».

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