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Le aziende investono ma preferiscono farlo per campagne singole, con pochi influencer e di piccole dimensioni: i dati sull'influencer marketing 2020

Dati sull'influencer marketing 2020: chi investe e come

I dati sull'influencer marketing 2020 mostrano un mercato ancora in crescita. Trend positivi a parte, come investono le aziende? Una panoramica.

Nonostante qualche previsione lo volesse già un mercato maturo, il suo valore continua a crescere a ritmi sostenuti e potrebbe superare i 9.7 miliardi di dollari entro la fine dell’anno: questo dicono i dati sull’ influencer marketing 2020 di influencer Marketing Hub. Insieme a molto altro su quali aziende spendono di più, in che tipo di campagne, coinvolgendo quali tipologie di influencer e con che obiettivi di business e, ancora, su limiti e rischi dell’influencer marketing, contenuti più performanti e via di questo passo.

Aziende, budget, KPI: un quadro d’insieme sulle campagne di influencer marketing attive

Rispetto solo allo scorso anno sarebbero quasi duplicate le campagne di influencer marketing attivate dalle aziende e il numero di creator coinvolti. Il bisogno di fondo? Offrire contenuti di valore alle proprie community che non sempre il brand è in grado di produrre da solo: non a caso il campione dell’Influencer Marketing Benchmark Report 2020 ha ammesso di aver incrementato dell’84% la produzione di contenuti negli ultimi due anni e quasi un brand su quattro sfrutta quelli creati dagli influencer per nutrire la propria libreria di user generated content .

Strategie di contenuti a parte, gli obiettivi macro della maggior parte delle campagne hanno a che vedere – ed è questo quello che i dati sull’influencer marketing 2020 mostrano di immutato rispetto allo scenario precedente – con la brand awareness . Cresce però anche il numero di campagne orientate alle vendite (sono oggi il 36%): da iniziative di marketing come queste deriverebbero, del resto, clienti «di alta qualità» e che le aziende tendono a considerare (in oltre il 70% dei casi) «migliori» di clienti acquisiti attraverso altri canali. Conversioni e vendite non sono, però, gli unici risultati che chi investe in influencer marketing considera importanti: per i brand sembrano contare anche il semplice coinvolgimento generato dalla campagna e view, reach e impression raggiunte.

dati sull'influencer marketing 2020 obiettivi campagne

I principali obiettivi delle campagne di influencer marketing. Fonte: Influencer Marketing Hub

Più che le precedenti rilevazioni, del resto, l’edizione di quest’anno del report insiste sulla capacità che l’influencer marketing ha di agire sui media earned: quanto spazio, cioè, le campagne di influencer marketing fanno guadagnare spontaneamente ai brand coinvolti? Ed è quantificabile il valore di questo spazio – sui media, s’intende – guadagnato? Allo stato attuale per ogni dollaro di budget investito in influencer marketing se ne possono guadagnare fino a più di diciotto, con una media di circa 5.78 dollari.

Quanto detto fin qua basta già a spiegare perché la maggior parte dei brand è soddisfatta delle proprie campagne di influencer marketing (oltre il 90% le considera «efficaci») e intende non solo continuare a dedicare budget all’influencer marketing nei mesi a seguire (vale per quattro aziende su cinque del campione), ma addirittura aumentarlo (qui il rapporto si fa di due aziende su tre, con l’80% delle aziende che nei prossimi mesi spenderà in influencer marketing almeno il 10% del proprio budget e più del 62% che invece destinerà a campagne di questo tipo fino al 30% del budget).

In che tipo di campagne, però, investono realmente aziende e marketer? E cosa rileva di più in termini organizzativi? I dati sull’influencer marketing 2020 entrano nel merito anche di questioni “più pratiche” come queste. Nonostante la letteratura del campo sottolinei l’importanza di intessere relazioni di lungo termine con influencer e content creator, la maggior parte delle aziende (il 65%) ragiona ancora per singole campagne: si tratta per lo più di campagne mensili (in un caso su tre), ma sembrano in aumento anche le campagne trimestrali (sono oggi il 14%, in aumento di un punto percentuale rispetto allo scorso anno); al contrario diminuiscono le campagne annuali ed è poco più del 30% di brand e aziende che hanno investito in influencer marketing che ha optato per campagne always-on, ossia per collaborazioni di lungo termine con influencer e content creator. Una terza via è rappresentata, comunque, dagli investimenti occasionali in influencer marketing, in concomitanza per esempio del lancio di un nuovo prodotto o di un rebranding (di questo tipo sembrerebbe essere oggi una campagna di influencer marketing su cinque).

E, ancora, la maggior parte di aziende e brand (almeno il 78%) gestisce le campagne di influencer marketing in-house, senza rivolgersi cioè ad agenzie ad hoc. Per velocizzare e rendere più efficaci questi processi, però, opta (almeno nel 40% dei casi) per piattaforme ready-in per la gestione delle campagne: non a caso il report in questione sottolinea una crescita consistente nell’ultimo anno del numero di applicativi di questo tipo disponibili sul mercato. Poco spazio ancora, però, per l’automazione nell’influencer marketing, con circa il 54% del campione che la auspica per il futuro prossimo del settore e un restate 45% che avrebbe a proposito sentimenti contrastanti.

Come lo scorso anno, poi, la maggior parte di aziende e marketer sembra impegnata nella ricerca di metrics e kpi davvero validi nel valutare le performance di una campagna di influencer marketing.

La vera sfida è ancora trovare l’influencer giusto: così dicono i dati sull’influencer marketing 2020

La sfida più grande, nonostante la familiarità che dovrebbe essere ormai stata raggiunta con questo tipo di campagne, rimane ancora però trovare l’influencer giusto (su questo si è detto d’accordo quasi il 40% del campione): oltre all’affinità con l’immagine, la storia, i valori del brand sembrano preoccupare le aziende anche questioni “più pragmatiche” come la necessità di stipulare contratti, concordare pagamenti e imporre scadenze temporali precise. Il risultato? In un caso su due le aziende lavorano con pochi influencer, fino a un massimo di dieci.

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La maggior parte delle aziende collabora ancora con un numero ridotto di content creator, fino a un massimo di dieci. Fonte: Influencer Marketing Hub

Solo circa l’8% delle aziende ha all’attivo campagne con più di cento influencer: non è difficile pensare che si tratti in questo caso di campagne di micro influencer o nano influencer marketing, campagne cioè che coinvolgono contemporaneamente un grande numero di piccoli influencer.

engagement generato (prioritario secondo il 41% degli intervistati) e relazione con la community (per il 53%) sono, del resto, ancora fattori cruciali e discriminanti per le aziende quando si tratta di scegliere l’influencer giusto. E i dati sull’influencer marketing 2020 non hanno fallito nel mostrare chiaramente come gli influencer con community più piccole, inferiore a mille membri, siano quelli che hanno tassi di engagement maggiori indipendentemente tra l’altro dalla piattaforma presa in considerazione. Non deve stupire, insomma, che il 47% di chi investe in influencer marketing investa oggi in campagne di micro influencer marketing, preferendo la “genuinità” del piccolo influencer alla popolarità di un A-list influencer, per esempio, che può avere – e ha nella maggior parte dei casi – community piuttosto ampie solo in virtù della propria visibilità.

Altri criteri per scegliere tra un influencer e l’altro rimangono, comunque, il tipo di contenuti che produce e aspetti legati alla distribuzione (la ritiene prioritaria quasi un intervistato su cinque): un’azienda di cosmetica, per esempio, cercherà con più probabilità health influencer e beauty v-logger che abbiano già una certa expertise nel campo e siano riconosciuti dagli utenti come voci credibili in materia, oltre ad avere una community profilata e coerente con il proprio target . Nonostante abbiano ben in mente cosa cercare negli influencer da coinvolgere nelle proprie campagne, comunque, le aziende (almeno nel 63% dei casi) trovano «mediamente difficile» il processo di ricerca.

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I principali criteri che le aziende seguono nella scelta dell’influencer a cui affidare le campagne. Fonte: Influencer Marketing Hub

Decisamente meno complesso è individuare la piattaforma giusta: da anni ormai Instagram si rivela il luogo preferito per fare influencer marketing, mentre altri canali come Facebook, YouTube, Twitter e Pinterest hanno perso progressivamente campo (Facebook in particolare ha visto dimezzare nel quinquennio il numero di campagne condotte al suo interno). Osservata speciale è, però, quest’anno soprattutto TikTok che ha visto crescere esponenzialmente download e iscritti e che è già al centro di campagne di influencer marketing rivolte soprattutto a un pubblico di giovani e giovanissimi.

Fiducia sì, ma anche consapevolezza dei rischi: se le aziende temono soprattutto gli influencer “fake”

Non è tutto oro quel che luccica però e i dati sull’influencer marketing 2020 portano alla luce anche alcuni rischi per i brand collegati alle campagne di influencer marketing. Ogni volta che ci si affida a influencer nuovi e a cui non si è legati da un rapporto di fiducia aumenta, per esempio, il rischio che questi non rispettino quei doveri di trasparenza verso la community frutto di auto-regolamentazioni all’interno del settore e che, in rispetto a una sorta di “codice etico” per influencer, impongono di segnalare appositamente post sponsorizzati, in partnership con le aziende o per cui gli influencer sono pagati: nonostante le piattaforme mettano ormai a disposizione tool che semplificano questi passaggi, solo il 14% dei content creator usa hashtag #sponsored o altri accorgimenti simili.

Due aziende su tre sembrano essere state vittime, poi, di fake influencer e altri influencer fraudolenti ed è per questo che una delle maggiori preoccupazioni quando si intende iniziare una campagna di influencer marketing ha proprio a che vedere con il rischio di frodi o raggiri (se ne sarebbe detto preoccupato il 68% del campione, in aumento del 4% rispetto allo scorso anno).

Quasi la metà delle aziende, infine, sembra occasionalmente preoccupata della propria brand safety quando investe in campagne di influencer marketing. Ancora una volta per evitare contenuti controversi, potenzialmente nocivi per il brand e che le piattaforme potrebbero bloccare per tutelare i propri utenti (com’è successo per esempio quando YouTube ha vietato le challenge o ha imposto criteri più restrittivi per la monetizzazione dei video e, ancora, ha bloccato contenuti complottisti, contenenti fake news e pericolosi per i bambini) la soluzione migliore è rivolgersi a influencer di fiducia e con cui si ha già avuto un rapporto lavorativo ottenendo buoni risultati.

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