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Il pollo fritto vegano KFC è davvero il giusto compromesso tra gusto e scelte alimentari sostenibili?

pollo fritto vegano kfc

Il pollo fritto vegano KFC è l'ultima novità nel mondo della carne alternativa: dall'arrivo nei negozi all'analisi di un trend di consumo.

«Fa confondere, ma è anche delizioso»: mai descrizione avrebbe potuto rivelarsi più adatta al pollo fritto vegano KFC. Il fast food del Colonnello Sanders, infatti, ha presentato proprio in questi giorni l’alternativa senza carne al suo tanto celebre, quanto amato pollo fritto.

Com’è fatto il pollo fritto vegano KFC: una prova di assaggio

Beyond Fried Chicken è il nome da menu della novità e, come i più attenti ai trend del food avranno potuto notare, non è affatto un caso: il pollo fritto vegano KFC è realizzato, infatti, in partnership con Beyond Meat, la (ormai ex) startup tanto amata da vip come Bill Gates e Leonardo Di Caprio che ha sdoganato la carne vegetale, anche nota come “fake meat” proprio per la totale assenza di proteine animali. Sono due attualmente le versioni veggie del pollo fritto di KFC disponibili: dei nuggets e delle alette – va da sé, senza ossa – da immergere in una salsa a scelta tra salsa barbecue, salsa Buffalo e altre specialità della casa. Il tutto servito all’interno di confezioni che rinunciano al rosso simbolo della catena e si fanno verdi, di un colore che ricorda istintivamente l’origine completamente naturale del nuovo pollo fritto vegano KFC.

Dal primo hamburger realizzato alle diverse varianti ormai commercializzate, del resto, la promessa di Beyond Meat è di utilizzare solo ingredienti al 100% naturali, privi di OGM e non provenienti da coltivazioni intensive. Nel caso dei nuggets e delle alette di pollo di KFC dovrebbe trattarsi di derivati dal grano al posto delle più comuni proteine derivate da legumi come i piselli. La prova d’assaggio? Sembra essere largamente superata. Per presentare in anteprima al pubblico il suo pollo fritto vegano, il 27 agosto 2019 KFC ha scelto infatti i punti vendita di Atlanta: qui fin dalle prime ore del mattino si sono formate code di curiosi; le porzioni di Beyond Fried Chicken sono andate esaurite dopo appena cinque ore dall’inizio del servizio e chi lo ha assaggiato non ha potuto fare a meno di condividere anche sui social, dove la novità di casa KFC ha raccolto un sentiment largamente positivo, il proprio entusiasmo. Insomma, sì, l’attesa e l’hype generati non sono stati vani e la versione vegana del più amato pollo fritto si è dimostrato un vero e proprio «Kentucky Fried Miracle», come già recitava il payoff profetico scelto dal fast food, tanto che sembra aver fatto leccare i baffi anche ad associazioni vegane e animaliste che, in passato, più volte avevano accusato pubblicamente la catena di favorire l’allevamento intensivo e in batteria di polli.

Il beneplacito della PETA, una delle più influenti associazioni animaliste americane nemica giurata di KFC, che ha acclamato il Beyond Fried Chicken al suono di «il futuro è vegano», è particolarmente significativo in questo senso.

KFC is Testing Beyond Meat’s Vegan Fried Chicken & People Are Loving It

HAPPENING IN ATLANTA, GA: KFC is testing out Beyond Meat's vegan fried chicken for one day only, and the response is HUGE 🙌🐔 The line around the block proves THE FUTURE IS VEGAN!

Posted by PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) on Tuesday, August 27, 2019

Nuove sensibilità E nuovi gusti aumentano la richiesta di mercato di carne fake

Se è vero infatti il mantra secondo cui i brand non possono più non prendere posizione, la questione ambientale non può non riguardare da vicino ormai anche chi opera ai diversi livelli della filiera alimentare. Va da sé che per chi, come KFC, si trova a valle non si tratta tanto di ridurre concretamente l’impatto delle proprie attività, quanto di venire incontro a sensibilità nuove del cliente finale. Semplificandola all’osso, cioè, la formula del brand activism si concretizza nella sintonia di valori e obiettivi che deve accomunare brand e consumatori, oggi che ogni acquisto ha un valore prima e soprattutto simbolico. Ancora, tradotto significa che il pollo fritto vegano KFC nasce da un bisogno e da una domanda di mercato concreti: quelli di una percentuale sempre più alta di vegetariani, vegani, riduzionisti che, pure, non sono intenzionati a rinunciare al proprio fast food preferito e, si direbbe, al vero sapore della carne. Quando il Wall Street Journal ha provato a spiegare il successo di aziende che producono carne alternativa sul modello di Beyond Meat o del principale competitor Impossible Foods non ha potuto fare a meno di sottolineare come il cliente finale di questo tipo di prodotto siano giovanissimi della Gen Z o di età ancora inferiore che sembrano avere come priorità assoluta «la sostenibilità e la salubrità» delle proprie scelte di consumo: è un dato in linea con altri studi sulle abitudini di consumo alimentare dei più giovani e con insight come quelli riportati da The Guardian secondo cui il numero di vegani nel Regno Unito è letteralmente quadruplicato dal 2014 al 2018. Ne segue a catena che i menu proposti da piccoli e grandi ristoratori si adeguano sempre più anche a regimi alimentari meat-free e cruelty-free, che sui banconi dei supermercati si moltiplicano le alternative alla carne, che si ribattezzino con nomi curiosi e decisamente più d’appeal piatti che da sempre fanno a meno delle proteine animali fino a far nascere «polpette di legumi», «affettato vegetale» e via di questo passo.

A monte, il guadagno è soprattutto di chi investe in ricerca di alternative alla carne. Ancora The Guardian sottolinea come proprio il lancio del pollo fritto vegano KFC – che dopo il successo di Atlanta dovrebbe approdare presto e in via definitiva negli oltre 20mila punti vendita della catena sparsi per il mondo – avrebbe fatto crescere di almeno il 4% il valore delle azioni di Beyond Meat, che del resto, fa notare The Verge, dal momento in cui è stata quotata in borsa non ha mai deluso gli investitori. Per tornare alle ipotesi del Wall Street Journal, invece, la produzione di carne alternativa sarebbe già diventata insufficiente a soddisfare la domanda, crescente, che arriva proprio dalla catene di fast food di tutto il mondo.

Oltre il pollo fritto vegano KFC, le altre proposte “senza carne” dei fast food

Un passo indietro serve a questo punto a notare che il pollo fritto vegano KFC non è certo il capostipite delle novità meat-free servite dalla grande ristorazione. Solo qualche mese fa la stessa KFC aveva lanciato in edizione limitata un filetto di Quorn (semplificando molto, proteine vegetali derivate dalla fermentazione di un fungo), cotto con erbe e spezie e servito all’interno di un bun con insalata e maionese vegana proprio come un normale hamburger, indicato in menu significativamente come The Imposter, l’impostore.

the imposter hamburger vegano KFC

The Imposter, l’hamburger vegano ricavato dal Quorn e presente in edizione speciale nel menu della catena, è stata tra le prime prove di KFC nel mondo della fake meat.

Collaborando con Impossible Foods, anche Burger King ha temporaneamente inserito in menu il suo Impossible Whopper, fatto allo «0% di carne» e di ingredienti dall’origine completamente vegetale, nonostante alcune critiche di vegani e animalisti più veraci abbiano sollevato il dubbio di possibili contaminazioni legate alla cottura del Whopper vegetale accanto alle tradizionali pietanze della catena.

impossible whopper burger king

Anche Burger King ha reso disponibile, per un periodo limitato di tempo, una novità del menu dedicata ai vegani: l’Impossible Whopper ottenuto al 100% da ingredienti naturali.

Dal canto suo anche McDonald’s cerca da tempo alternative vegetariane e vegane adatte a chi non consuma carne. In principio furono i nuggets vegani sperimentati dalla divisione Norvegese, lo scorso aprile invece McDonald’s Germania ha annunciato la nascita del Big Vegan, l’alternativa vegana al Big Mac inseribile in tutte le versioni dei tradizionali menu della catena: anche in questo caso si tratta di un hamburger a base di farina di soia e grano, fatto di ingredienti al 100% naturali e dalle ottime proprietà nutrizionali come ha ribadito la catena all’interno di una campagna promozionale, Che ci crediate o meno”, nata per rispondere tra l’altro ai dubbi qualitativi subito sollevati dalle associazioni di consumatori.

big vegan mcdonalds

Il Big Vegan è la proposta di McDonald’s Germania per gli affezionati del fast food che non consumano carne.

Le alternative alla carne: qualche prospettiva critica

Come ogni novità, del resto, la fake meat – sia che la si intenda come carne di origine vegetale, sia che si usi l’espressione in riferimento alla carne prodotta in vitro – è destinata a generare perplessità. Se da un lato, infatti, convince il mercato per la straordinaria capacità che ha di assomigliare nel sapore alla vera carne, i dubbi principali che solleva riguardano proprio la capacità di ottenere un sapore di carne da ingredienti di origine completamente vegetale e, in considerazione dei numerosi processi e passaggi che proprio questo comporta, l’effettiva possibilità di una scelta salutare. Trovare risposte a domande come queste non è semplice: chi, anche in Italia, ci ha provato con l’aiuto di esperti di alimentazione, è arrivato per lo più, semplificando, alla stessa conclusione che il sapore di carne è dato al pollo fritto KFC, così come a tutte le altre alternative vegane da fast food, dall’utilizzo di erbe, spezie e altri insaporitori e, ancora, di fibre vegetali che riproducono la consistenza della carne animale e di succo di barbabietola che ne imita il colore. Quanto ai valori nutrizionali, la valutazione non può che essere fatta caso per caso, singolo prodotto per singolo prodotto e comunque all’interno di una dieta varia e diversificata. Riflessioni più ampie si aprono sul rispetto della materia prima e sul fatto che le proposte alternative alla carne finisco per essere, allo stato attuale, decisamente raffinate e frutto di numerosi e ripetuti passaggi di lavorazione. Anche il costo di produzione di un salsicciotto di Beyond Meat o di un hamburger di Impossible Foods sono, ad oggi, nettamente superiori a quelli della produzione della carne tradizionale, anche da allevamenti intesivi.

Una buona dose di marketing e la capacità di ascoltare e rispondere proattivamente alle richieste del mercato sembrano essere, così, tra gli ingredienti certi che hanno assicurato fin qua la popolarità della carne alternativa, fuori e dentro i fast food.

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