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Foursquare e Twitter: come ti predico la gentrification

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Uno studio dell’Università di Cambridge usa check-in su Foursquare e tweet geolocalizzati per predire la gentrification delle periferie.

Check-in su Foursquare e tweet geolocalizzati? Possono aiutare a predire la gentrification, quel processo di trasformazione urbanistica e sociale subita da periferie e sobborghi in risposta alle esigenze di una popolazione più benestante. A dimostrarlo è una ricerca dell’Università di Cambridge, presentata alla venticinquesima World Wide Web Conference di Montreal.

I ricercatori hanno incrociato dati riguardanti oltre 37mila utenti e 42mila posti di Londra, mettendo insieme una rete di oltre mezzo milione di check-in su Foursquare e Twitter in appena dieci mesi. Obiettivo? Misurare la diversità sociale delle zone periferiche di Londra, distinguendo tra posti frequentati da persone che non si conoscono e posti frequentati per lo più da amici e, ancora, tra luoghi con forte potenziale attrattivo per individui sempre nuovi e diversi e luoghi frequentati invece da soli habitué.

Con un semplice check-in dal proprio pub preferito o un tweet entusiasta da quel locale nuovo nella prima periferia londinese, insomma, gli utenti dei due social hanno aiutato i sociologi nel tentativo di capire cosa stimoli i meccanismi di gentrification. I dati vanno certo incrociati con altri indicatori di benessere, quelli standard nelle misurazioni demografiche. Ma l’ipotesi confermata dai risultati dello studio è che alcuni segni caratteristici della gentrification – come l’aumento dei prezzi immobiliari e i tassi di criminalità in diminuzione – appaiono con più evidenza nelle aree a maggiore diversità sociale. “Abbiamo scoperto che le aree più socialmente coese e omogenee tendono a essere molto ricche o molto povere, mentre i quartieri a più alta diversità sociale sono quelli che attualmente stanno vivendo un più forte processo di gentrification”, spiegano i responsabili dello studio.

Le evidenze confermano, del resto, un principio ben noto:  le comunità chiuse sono quelle più resistenti ai cambiamenti, in cui le risorse hanno una circolazione limitata e tendono a rimanere molto povere (o molto ricche) proprio a causa del loro isolamento. Per restare nello specifico di Londra non sorprende, insomma, che degli oltre trenta quartieri presi in considerazione dagli studiosi di Cambridge, Hackney sia risultato quello con più alto tasso di diversità sociale (misurata dai ricercatori in termini di capacità di un luogo di connettere persone altrimenti completamente disconnesse e di favorire l’incontro tra i visitatori, ma anche in termini di omogeneità dei suoi frequentatori tipo, ndr) e, contemporaneamente, con più segni di gentrification. Nonostante la povertà storica, insomma, il quartiere presenta oggi prezzi immobiliari in linea con la media di Londra, tassi di criminalità in notevole calo e una popolazione molto diversificata.

Predire la gentrification può aiutare i governi locali a sviluppare, per esempio, piani e politiche di sviluppo urbano adeguate o fronteggiare gli effetti negativi della stessa gentrification. Ma come aiutano in concreto i dati provenienti dalle geolocalizzazioni di Twitter o Foursquare? Gli studiosi di Cambridge non hanno dubbi: danno un’idea del tipo di aggregazione esistente nella zona e, di conseguenza, della sua diversità sociale. Ci sono posti che funzionano solo per gli amici, spiegano, e altri che sono adatti a incontri più fugaci. Qualche esempio? Chi non si conosce preferisce vedersi a cena in una spaghetteria, gli amici in un locale di fried chicken. Esattamente come chi si conosce da più tempo si dà appuntamento a una partita di calcio o in un pub, mentre gli sconosciuti lo fanno in un museo o in un bar. “Sappiano, insomma, che chi ha contatti diversificati a livello sociale e geografico ha un capitale sociale più alto, questo (i check-in e le geolocalizzazioni degli utenti, ndr) ci aiuta a dire qualcosa di più rispetto ai luoghi”, concludono da Cambridge.

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