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Comunicatore e azienda: che valore ha oggi questa figura?

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Competenze trasversali, integrazione e coinvolgimento sono le principali skill richieste alla figura del comunicatore in azienda.

Il comunicatore veste i panni di una figura professionale ancora poco conosciuta e la maggior parte delle persone non ne ha ben chiare competenze e responsabilità e tende spesso a confonderla con altri ruoli. Eppure è una professione non solo ben definita ma addirittura in crescita, stando ai risultati del rapporto pubblicato dalla Arthur W. Page Society, l’associazione americana che riunisce i direttori delle prime 500 aziende della classifica di Fortune, intitolato “The new chief communication officer: transforming enterprises in a changing world”.

In effetti in Italia solo negli ultimi anni, spinti soprattutto dall’evoluzione e dalla complessità del mercato del lavoro, è stato fornito un quadro di elementi utili a identificare e qualificare – mediante certificazione di conformità – un comunicatore come professionista (legge 4/2013 e D.lgs 13/2013 sulle professioni non regolamentate).

La figura professionale del comunicatore è attualmente inquadrata dalla norma tecnica UNI 11483 che ne chiarisce terminologia, caratteristiche e requisiti, con l’obiettivo di identificare gli standard qualitativi di professionalità.

In particolare, la possibilità di essere riconosciuti come comunicatori professionisti è subordinata all’ottenimento di una certificazione organizzata su più livelli: un primo livello, più “generico”, ed un secondo livello “specializzato” in una delle professionalità indicate fra comunicatore pubblico, comunicatore tecnologico e comunicatore d’impresa.

Se dal punto di vista legislativo la norma tecnica definisce i requisiti e le responsabilità di un comunicatore in azienda, dal punto di vista pratico questa figura sembra assumere un ruolo chiave che tocca molteplici aspetti, anche molto complessi. Dalla pianificazione dell’identità aziendale fino all’elaborazione di una strategia di gestione della Corporate Reputation e dei rapporti con i vari portatori di interesse, senza mai perdere di vista tutti gli elementi che caratterizzano il business specifico dell’impresa. È per questo che, secondo quanto emerge nel rapporto realizzato dalla Page Society e presentato a Milano in una jam session promossa da Edelman Italia, il nuovo CCO – Chief Communication Officer – deve essere allo stesso tempo un consulente e strategic business leader, rappresentante e veicolo egli stesso della reputazione aziendale e, chiaramente, un comunicatore efficace.

Non basta, infatti, essere creativi o abili nello scrivere e raccontare storie. Per dare valore alla propria azienda il comunicatore deve conoscere il contesto economico, produttivo o industriale entro cui si inserisce, essere in grado di interpretarlo e di intercettare velocemente le sfide e le novità importanti.

Non sono di certo poche, quindi, le difficoltà con cui deve misurarsi un comunicatore in azienda; fra queste vi è la complessità che discende dalla collaborazione interfunzionale e l’integrazione della propria attività con quella di altre figure chiave interne, come per esempio quella del responsabile dell’area marketing.

Le nuove strutture organizzative, più flessibili rispetto al passato, puntano infatti su un assetto meno formale e al contempo su una condivisione delle responsabilità, tanto che il CCO di un’azienda lavora a contatto sempre più stretto con il CIO.

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Incremento del coinvolgimento fra CCO e altre figure in azienda.

Tuttavia, secondo il rapporto, la sfida più complessa è legata alla difficoltà nel creare un sistema di coinvolgimento sia dei dipendenti, sia di attori esterni all’azienda. Questa attività oggi richiede prima di tutto la capacità di mappare in maniera sistematica i principali stakeholder , ma anche quella di intercettare, immagazzinare, analizzare e interpretare tutti i dati rilevanti – soprattutto mediante le nuove piattaforme digitali – sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, con l’obiettivo ultimo di comprendere le persone per essere poi in grado di coinvolgerle.

A bilanciare la “preoccupazione” che può derivare dalla complessità di queste sfide vi sono i dati raccolti che testimoniano la rapida crescita degli investimenti che interessa i CCO in alcune specifiche aree. Coerentemente con l’esigenza di comprendere gli individui, ascoltarli e raccontargli nel migliore dei modi la storia dell’azienda per migliorarne la reputazione, le aree di maggiore investimento nella figura del comunicatore d’impresa risultano quelle dei social media e degli Owned Media. Questi strumenti di comunicazione risultano sempre più interconnessi fra loro e, sopratutto, rientrano ormai come parte integrante nelle strategie di business e brand identity delle aziende, in cui il CCO incarna la figura migliore per veicolare i contenuti secondo gli obiettivi dell’impresa.

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Aree che investono di più nella figura del CCO

Competenze trasversali (analitiche, manageriali e di comunicazione), capacità di integrare diversi ruoli e funzioni e di creare coinvolgimento mediante la creazione di sistemi digitali: queste, in sintesi, le caratteristiche del buon comunicatore d’impresa del prossimo futuro. Tante responsabilità per una figura che assumerà un valore sempre più importante nelle aziende.

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