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Un italiano su cinque non è convinto di saper riconoscere una bufala

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Tra gli altri insight del terzo rapporto Ital Communications-Censis su "Disinformazione e fake news in Italia" c'è la necessità di un'alleanza «stabile» tra scuola, istituzioni, giornalisti per un'informazione di qualità.

Oltre un italiano su cinque crede di non avere le competenze giuste per riconoscere le fake news .

C’entra senza dubbio il fatto che negli anni le bufale e le notizie manipolate si sono fatte sempre più «sofisticate» e «difficili da scoprire»: così le ha definite oltre il 76% del campione del terzo Rapporto Ital Communications-Censis sulla “Disinformazione e fake news in Italia”.

Non sorprende così che anche gli italiani che hanno più familiarità con il linguaggio, la logica, le regole dei media si dicono convinti di saper riconoscere le notizie false o non verificate, anche se solo in parte: è così per oltre il 61% dei rispondenti allo studio appena citato.

L’overload di informazioni durante la pandemia da coronavirus prima – tale da spingere molti a parlare di una vera e propria “ infodemia ” parallela all’emergenza sanitaria – e la guerra in Ucraina poi ha certamente contribuito a disegnare lo scenario fotografato ora da Ital Communications e Censis.

Nei tanti momenti di incertezza e instabilità che hanno caratterizzato gli ultimi anni, infatti, la domanda di informazione è aumentata.

Gli italiani oggi si informano di più, ma non sempre meglio

Come già altre indagini simili, “Disinformazione e fake news in Italia” conferma che la quasi totalità degli italiani oggi si tiene aggiornata sui fatti del giorno (solo il 6% ha rinunciato completamente ad avere un’informazione puntuale su ciò che accade) e lo fa consultando più fonti diverse (almeno due per oltre il 79% del campione e tre per il 62%), sia online e sia offline (è così per almeno il 64% del campione), cioè costruendo un proprio palinsesto personalizzato.

Fare affidamento, quando ci si informa sui fatti del giorno, su più fonti differenti può essere un buon “antidoto” conto la disinformazione. Tratteggiando una sorta di «identikit» della vittima prediletta delle fake news, come viene definito nel documento, il nuovo rapporto Ital Communications – Censis non a caso la identifica con persone anziane, che vivono in piccoli centri e che hanno un titolo di studio basso o molto basso e che sono generalmente anche quelle rimaste ferme a una dieta mediatica tradizionale e basata su poche o pochissime fonti di informazione.

Anche troppa informazione, soprattutto quando è confusa e poco chiara, può trasformarsi però in cattiva informazione, come sottolineano Ital Communications e  Censis.

Climate change: dai media penetra un allarmismo «eccessivo»

Il modo in cui in questi anni si è parlato di climate change sui media ne è la prova evidente.

Anche senza giungere al negazionismo, oltre un italiano su tre è convinto che sia stato fatto un allarmismo «eccessivo» sul cambiamento climatico.

Sono ancora soprattutto gli anziani e chi ha un grado di scolarizzazione minore a essere confusi, non riuscire a comprendere il problema nella sua complessità e non essere del tutto convinti della sostenibilità a livello economico della transizione ecologica.

Come l’intelligenza artificiale cambierà l’informazione secondo gli italiani

Al campione di “Disinformazione e fake news in Italia” è stato chiesto di esprimersi anche sull’intelligenza artificiale, tra gli argomenti più caldi di discussione sui media in questi mesi, e più nello specifico su come le AI generative potranno cambiare il mondo dell’informazione.

Le risposte ottenute manifestano una certa sfiducia degli italiani che, almeno nel 75% dei casi, si dicono convinti che l’intelligenza artificiale renderà più difficile controllare la qualità dell’informazione.

Poco meno del 59% del campione si dice convinto, invece, che l’AI potrà dare supporto a giornalisti, professionisti dell’informazione e della comunicazione.

Fake news in Italia: serve un’alleanza «stabile» tra più soggetti

La sfida di un’informazione di qualità sembra più difficile da vincere di quanto si potrebbe immaginare.

In passato i partecipanti ad altri studi del Censis si sono detti d’accordo a introdurre una qualche forma di «censura» se l’obiettivo era arginare la diffusione di notizie palesemente false o manipolate e delle opinioni espresse da persone prive di competenze specifiche sull’argomento in questione.

Davanti al palese fallimento di molte delle campagne e delle iniziative contro le fake news condotte in questi anni da istituzioni, big tech, associazioni e professionisti del settore, secondo il terzo Rapporto Ital Communications-Censis su “Disinformazione e fake news in Italia”, la maggior parte degli italiani (oltre l’89%) riterrebbe necessaria una «alleanza stabile» tra i diversi stakeholder che hanno interesse a far circolare un’informazione di qualità: nell’elenco ci sono Stato, scuola, professionisti dell’informazione, aziende media e di ogni altro settore.

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