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eCommerce e Google Helpouts: le ragioni di un fallimento

eCommerce e Google Helpouts: le ragioni di un fallimento

Cosa è successo a Google Helpouts, il progetto segreto di Mountain View che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo degli eCommerce?

Nel luglio 2013 Techcrunch ha pubblicato un articolo circa il progetto segreto di Google per trasformare Hangout in una piattaforma di ecommerce . In quel periodo si prospettavano tempi duri per Amazon e eBay: infatti, sembrava proprio che Big G. avesse deciso di lanciare la sfida ai più grandi player del mercato dell’eCommerce con una novità destinata a rivoluzionare il mondo del commercio online.

Helpouts più di un semplice eCommerce?

Helpouts sembrava essere molto di più di una piattaforma di eCommerce: un vero e proprio portale pensato per consentire ad aziende e privati di vendere prodotti, servizi ma soprattutto consulenze attraverso video in diretta. L’obiettivo del nuovo marketplace era unire commercianti e clienti in uno spazio virtuale in cui non solo le distanze e le diffidenze tipiche della vendita online venissero abbattute, ma l’intero processo di acquisto fosse completamente studiato per garantire la massima sicurezza e trasparenza.

Un sistema di gestione della reputazione online avrebbe dovuto tener conto non solo dei commenti e delle recensioni degli utenti ma anche della velocità delle consegne e dalle interazioni con il pubblico. Il progetto di un commercio in tempo reale su Internet era certamente ambizioso e pare fosse destinato non solo alla vendita di prodotti e servizi, ma anche a professionisti, al fine di effettuare consulenze, lezioni e seminari. Del resto alla base di Helpouts c’era l’infrastruttura di Hangout che avrebbe potuto aprire il campo a interconnessioni con YouTube, con la rete search di Google o con la piattaforma di pubblicità AdWords oppure addirittura con Google Wallet per la sicurezza dei pagamenti e, forse, anche con i Google Glass.

I motivi del fallimento

Nel febbraio 2015 è sempre Techcrunch tra i primi magazine a svelare la notizia della chiusura di Google Helpouts, riportando un breve messaggio dai vertici di Google che salutavano per sempre l’esperimento e la community (ridotta) di esperti e appassionati che vi aveva preso parte.

Quora, poi, offriva un interessante dibattito sui motivi per cui Google Helpouts si è rivelato un esperimento fallimentare, con una vasta gamma di commenti e contributi di marketer ed esperti. Secondo alcuni quella di Big G non era una piattaforma utile, aveva un target esclusivamente statunitense e non poteva vantare il medesimo livello di pertinenza di altre piattaforme simili come come naturalgurus. Forse, però, uno degli elementi più critici risiede nella scelta della modalità di pagamento attraverso Google Wallet. Una scelta questa che andava contro gli interessi degli utenti, la maggioranza dei quali già disponeva di account PayPal, iTunes o altri e, dunque, non aveva alcun interesse nel sottoscrivere un ennesimo processore per il pagamento.

Infine, non bisogna sottovalutare il fattore fiducia. Il focus principale di Helpouts era, infatti, acquistare consulenze da esperti in determinate discipline: un simile acquisto non è certo compulsivo, ma necessariamente fondato sulla reputazione e la trasparenza.

Solo il tempo dirà se Helpouts fosse uno strumento troppo avanzato per i nostri tempi e per questo incompreso. Resta sicuramente uno degli esperimenti più interessanti di creazione di nuove modalità di contatto e interazioni finalizzate allo scambio di conoscenza e all’arricchimento culturale. Per il momento, però, Helpout riposa assieme ad alcuni dei più clamorosi fallimenti di Mountain View, come Google Buzz o Google Wave.

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