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Lo spot TIM con Dolce e Gabbana: una composizione visiva impeccabile deficitaria di brand identity

Con una composizione inedita di Ennio Morricone e la regia di Giuseppe Tornatore, lo spot con Dolce e Gabbana per TIM presenta elementi interessanti per un'analisi semiotica, ma manca di una chiara riconoscibilità di marca.

Il nuovo spot TIM con Dolce e Gabbana dà il via a una serie di spot rivolti al made in Italy, parte di un progetto e di una nuova campagna del brand dedicati alla forza delle connessioni. Il titolo dello spot da sessanta secondi è proprio “La forza delle connessioni” e racconta l’incontro e la crescita lavorativa di due degli stilisti italiani più famosi al mondo: Domenico Dolce e Stefano Gabbana.

Nonostante l’ambizioso tentativo e la ricerca di un linguaggio comunicativo inedito, il primo video di TIM risulta però poco identificativo, incentrato più sul valorizzare D&G e l’incontro dei due fondatori della maison italiana che non sul dar forza alla brand identity di TIM.

La storia dell’incontro tra Dolce e Gabbana nello spot TIM

Il racconto audiovisivo del primo spot TIM La forza delle connessioni” si distingue per due plot narrativi all’interno del medesimo video: da una parte viene seguita la crescita di Dolce nella calda Sicilia, dall’altra quella di Gabbana a Milano. Tutti e due i protagonisti iniziano a innamorarsi della moda fin da bambini: chi disegna e realizza vestitini per il presepe, chi accompagna il padre nella boutique di famiglia guardando ammaliato ciò che accade davanti ai propri occhi.

bambino seduto per terra

La passione della moda fin da bambini per i protagonisti Dolce e Gabbana all’interno dello spot di Tim.

Da adolescenti continuano a investire tempo nella loro passione ricamando i primi vestitini nelle loro camerette. Dopo vari anni, una chiamata – cosa che introduce nella narrazione un terzo protagonista, ossia la tecnologia TIM – cambia la vita dei due protagonisti che “connettono” i loro destini e iniziano a lavorare insieme.

telefono

La scena del telefono e della connessione tra i due protagonisti nella campagna di Tim.

Lo spettatore viene poi catapultato nel futuro, all’interno della boutique ipertecnologica di Dolce e Gabbana, scoprendo così che, grazie alla connessione di TIM, i due ragazzi con lo stesso sogno nel cassetto sono riusciti a diventare ciò che sono oggi: due dei più grandi stilisti rappresentativi del made in Italy nel mondo.

Spot TIM – La forza delle connessioni
Spot TIM - La forza delle connessioni

La storia raccontata, però, nonostante un messaggio volto alla valorizzazione delle eccellenze italiane, sottolineato anche dalla bellezza della musica scelta come sottofondo narrativo, ossia una composizione inedita di Ennio Morricone, non riesce a coinvolgere pienamente lo spettatore nell’universo identificativo della marca TIM, anche se l’azienda ha disseminato lo spot di possibili rimandi ad alcune delle componenti principali della propria immagine di marca: la ragione principale di questa mancanza è la costruzione dello storytelling, che però manca di alcuni elementi fondamentali.

L’analisi semiotica della campagna TIM con Dolce e Gabbana

Per provare a rendere più coinvolgente a livello inconscio la visione dello spot da parte dello spettatore, all’interno della costruzione audiovisiva del racconto sono stati utilizzati diversi e particolari espedienti comunicativi.

L’interpretante di TIM

In primo luogo, è riconoscibile per tutta la durata del filmato un elemento costante che rimanda all’universo segnico di TIM ed è legato al colore. Si tratta, più precisamente, di un “interpretante“, come si definisce un elemento segnico che riconduce a un segno comunicativo altro. Il suo ruolo è quello di interpretare un segno semiotico con molteplici significati per ridurlo a un elemento che diventa rappresentativo dello stesso.

Nel caso specifico, i due bambini (Domenico Dolce e Stefano Gabbana) indossano fin dalla prima scena una sciarpa rossa che li accompagna in tutta la loro crescita: l’azienda TIM diventa così una sciarpa di colore rosso (lo stesso rosso che è il colore aziendale). Lo spettatore viene dunque inconsciamente portato a concludere che l’azienda di telecomunicazioni abbia in qualche modo contribuito alla crescita professionale di questi protagonisti, avendoli accompagnati da sempre verso il loro successo a livello globale.

bambino

Il dettaglio della sciarpa rossa al collo del protagonista.

Ci sono anche altri elementi rossi (o comunque orientati su una tonalità calda) nello spot, ma non tutti suggeriscono il ruolo di TIM; in un caso in particolare, per esempio, il colore richiama l’attenzione più verso D&G che non su TIM: è il grande cuore rosso sul corpetto che i due stilisti stanno vedendo in videochiamata, chiedendo che sia «più tridimensionale».

Spot TIM con Dolce e Gabbana cuore

Il dettaglio del cuore rosso sul vestito che Dolce e Gabbana guardano nello schermo di uno smartphone durante una videochiamata.

Bisogna specificare, però, che l’elemento più identitario di TIM, che collega le immagini all’universo di marca e che, tra l’alto, dovrebbe segnare quello che è una sorta di momento di svolta nella narrazione è l’unico che non presenta la colorazione rossa del brand. Il telefono con cui i due protagonisti si contattano, infatti, è di colore nero. Per una decodifica – anche inconscia – migliore da parte dello spettatore sarebbe stato più opportuno orientare la colorazione di questo oggetto cardine sul colore della brand identity aziendale.  

Il codice colore come elemento chiave nella costruzione visiva

Il colore non gioca un ruolo cardine solamente nella costruzione segnica della marca TIM, ma connota anche le differenti provenienze dei due protagonisti e le due anime differenti del brand.

Per differenziare i due giovani Dolce e Gabbana, anche a causa dei soli sessanta secondi in cui si è tentato di costruire una narrazione chiara, viene utilizzato un codice colore bivalente. Nelle scene di crescita del giovane Domenico Dolce in Sicilia si è deciso di optare per toni caldi e chiari; nel momento in cui nel filmato si raccontano le vicissitudini di Stefano Gabbana a Milano il colore subisce un cambiamento verso toni più freddi e tendenti al blu. Una semplice differenza visiva come questa può evitare molte descrizioni didascaliche di ciò che si sta narrando all’interno dello spot.

spot TIM con Dolce e Gabbana Milano

Una delle scene che mostrano da piccolo Stefano Gabbana a Milano con colori piuttosto freddi.

Alla fine dello spot, quando l’ambientazione è nel futuro narrativo, il colore cambia una terza volta e vira verso un bianco candido: uno stratagemma semplice che cita l’immaginario cinematografico sci-fi, suggerendo innovazione e avanguardia, oltre a chiarire la posizione temporale del racconto.

Nello storytelling dello spot TIM con Dolce e Gabbana manca un fattore fondamentale: il conflitto

Nonostante la realizzazione visiva, grazie alla regia di Giuseppe Tornatore, sia impeccabile, lo storytelling alla base dello spot manca dell’elemento cardine di ogni storia: il conflitto.

Il classico viaggio dell’eroe è riconoscibile e accattivante per lo spettatore se presenta al suo interno una fase di difficoltà e sfida per il protagonista; di solito a metà di ogni storia questo momento serve per dare la svolta narrativa e creare una tensione emotiva nel fruitore del racconto.

Generalmente l’eroe parte per un’avventura grazie a un mentore che spinge il protagonista verso la realizzazione di una missione. Dopo le prime prove e difficoltà giunge il momento critico del racconto nel quale sembra non esserci un lieto fine: l’eroe è pronto a mollare la sua missione, ma un elemento magico si presenta in suo soccorso e permette una trasformazione. Questo cambiamento del protagonista, interiore o esteriore, più esplicito o implicito, è il fattore indispensabile per portare a termine il racconto con il lieto fine.

Tim non diventa l’elemento magico del racconto e non genera una forte carica emotiva

Nello spot con Dolce e Gabbana per TIM la narrazione non si sviluppa con un climax crescente di emozioni, climax che invece si nota nella sola colonna sonora, con un incedere musicale – tipico delle composizioni di Ennio Morricone, scelte anche per spot pubblicitari di diversi brand – sempre più trasportante.

Attraverso immagini di alta qualità vengono illustrate le varie fasi della vita dei futuri stilisti, ma il momento critico non è esplicitamente presente e non permette dunque un’immedesimazione completa dello spettatore.

TIM si presenta come il telefono e la connessione che fa avvicinare Domenico Dolce e Stefano Gabbana da giovani, ma questo avviene senza una ragione chiara: cosa porta i due a contattarsi? Che la chiamata sia tra loro due, tra l’altro, lo si comprende solo dopo un’attenta visione, riconoscendo uno per la sciarpa rossa e l’altro per la tipica coppola siciliana, che indossano sin da piccoli nelle immagini precedenti. Poiché non si comprende perché i due stilisti si contattino e, poiché quello che si vede è un racconto piatto a livello emotivo, senza un punto di tensione, di superamento di qualche ostacolo o soddisfacimento di qualche desiderio, che funga da dispiegamento narrativo per la conclusione felice della storia, anche quello che dovrebbe essere l’elemento magico che permette loro di connettersi (il telefono e quindi TIM) ha meno valenza emotiva.

Un’altra scena iniziale tratta dalla campagna con Dolce e Gabbana.

TIM non diventa il risolutore del conflitto per i protagonisti nello spot, ma è più che altro un mero strumento che permette la connessione tra i due “eroi”, il che fa mancare il conferimento di un ruolo positivo alla marca da parte dello spettatore.

Lo spot comunica l’identità di marca di D&G o di TIM?

Se lo spot di TIM con Dolce e Gabbana non fosse stato realizzato e lanciato dall’azienda di telecomunicazioni bensì da quella di moda, probabilmente la mancanza di alcuni elementi importanti a livello narrativo non avrebbe avuto lo stesso peso. Il risultato, invece, è che la presenza di Dolce e Gabbana nel nuovo spot TIM è talmente forte da far risultare, nonostante gli interessanti espedienti sopra analizzati, la comunicazione pubblicitaria come se fosse di D&G, come uno di quei cortometraggi adv che, come altri di taglio più istituzionale di diversi brand (si pensi, per esempio, seppur con tutte le dovute differenze per quanto riguarda efficacia e riuscita, al cortometraggio Mutti), ne ripercorrono la storia dei fondatori.

A chiarire che si tratta di un commercial TIM è più che altro il logo che compare a conclusione dello spot, con il titolo della campagna.

spot TIM con Dolce e Gabbana logo TIM

Se non ci fosse questa precisa dicitura, probabilmente lo spot non sarebbe affatto riconoscibile come di TIM per uno spettatore che non ne analizza, come un professionista o studioso del settore, ogni singola componente.

Proprio il logotipo, elemento identificativo importante per qualsiasi brand, è stato inoltre oggetto di un’altra scelta che spingerebbe l’ago della bilancia per l’attribuzione della comunicazione pubblicitaria ancora una volta più verso D&G e meno verso TIM. Sebbene il blu dello sfondo sia quello riconoscibile della brand identity e della brand image dell’azienda di telecomunicazioni, qualche secondo prima della comparsa della scritta TIM gli elementi che compongono la forma iconografica della “T” nel logo non sono colorati in rosso ma con le stampe tipiche di D&G.

spot TIM con Dolce e Gabbana logo D&G

In più, nello spot è mostrato su un tablet, ben visibile, prima il profilo Instagram Dolce & Gabbana e poi un’immagine con il monogramma D&G.

Quello che si chiede allo spettatore di conoscere, inoltre, sembrerebbe essere più l’universo narrativo di TIM che non di D&G. Nella mancanza di un conflitto evidente nello storytelling, quando la svolta è data da una telefonata lo spettatore può riempire il vuoto solo conoscendo a fondo la storia di Dolce e Gabbana e della nascita del loro brand, riportata sul sito: «le strade dei due stilisti si sono incrociate per la prima volta al telefono nel 1980 e quattro anni dopo, con un budget limitato e un sogno condiviso, hanno creato quello che era destinato a diventare uno dei brand di moda più prestigiosi del mondo».

In quello che dovrebbe essere lo spot per una campagna di TIM, così, a risaltare sono la bellezza della musica, dell’immagine e di un’eccellenza italiana nel campo della moda, mentre manca la riconoscibilità del tono di voce e dello stile della marca e, più in generale, della comunicazione a cui l’azienda ha abituato il pubblico negli ultimi anni. Si ha, dunque, una cannibalizzazione del brand per opera di più fattori: togliendo il logo TIM in chiusura o dove compare per tutta la durata dello spot in alto a sinistra, quello che si ricorderebbe da spettatori sarebbe soltanto la storia di Dolce e Gabbana.

Il progetto “La forza delle connessioni” nella campagna TIM che inizia con Dolce e Gabbana

Lo spot con protagonisti i due stilisti italiani, come anticipato, è stato il punto di partenza per l’espressione della nuova direzione comunicativa e di marketing intrapresa da TIM, quella che dovrebbe manifestarsi nella campagna La forza delle connessioni”.

L’azienda vuole raccontare – lo ha dichiarato Labriola in un’intervista a Il Sole 24 Ore1 – i diversi tipi di connessioni umane che permettono di unire le persone e superare difficoltà e differenze. TIM, dunque, diventa nella narrazione – affermando così di esserlo già nei fatti – facilitatore della generazione di queste connessioni che permettono anche lo sviluppo e l’evoluzione del nostro Paese.

Questo spot pubblicitario da sessanta secondi è solo il primo di una serie di produzioni pensate per raccontare le diverse connessioni rese possibili dall’azienda di telecomunicazioni, in vari settori e per diversi dei target a cui TIM si rivolge con la propria offerta.

Questa volta la compagnia sembra aver voluto comunicare soprattutto a un target di età media, non tanto per la scelta dei protagonisti – e del loro brand – quanto per la possibilità di ripercorrere attraverso la loro storia alcune delle trasformazioni/evoluzioni delle tipologie di connessioni che ha reso concretizzabili. Prossimamente dovrebbe essere prestata attenzione in maniera più diretta anche alle generazioni più giovani, poiché verranno raccontate storie che, grazie a una maggiore contemporaneità della narrazione e alla selezione di specifici protagonisti e sottofondi musicali, dovrebbero permettere loro una più immediata identificazione. A fine giugno, con un evento speciale a Milano in due dei principali punti vendita dell’azienda (quelli di Moscova e Gae Aulenti), già era stata anticipata, per esempio, la scelta dei Måneskin per un nuovo spot TIM di questa campagna (con il loro brano “Supermodel”, infatti, la band è protagonista con Federica Pellegrini nello spot TIM).

Il denominatore comune di tutta la campagna TIM “La forza delle connessioni” pare, comunque, sia il made in Italy che diventa metafora del connettere le persone, i loro percorsi, le loro culture, i loro sogni, e così via. Esso verrà declinato nelle sue molteplici forme e diventerà pretesto per raccontare altrettante storie che grazie alla forza della connessione sono giunte a buon fine.


Poiché lo spot TIM con Dolce e Gabbana è stato soltanto il primo di una serie che avrà di volta in volta protagonisti diversi, con musiche e storie differenti, la campagna “La forza delle connessioni” potrebbe rivelarsi rischiosa per il brand proprio per questo motivo. Un elemento di discontinuità in una serie di spot della stessa campagna può risultare molto interessante; cambiare però in ciascuno di essi tone of voice e stile, intervenendo ancor di più – rispetto a quanto fatto nel primo spot TIM e D&G – su un’identità comunicativa riconoscibile può comportare il rischio di creare un’iniziativa sconnessa, che non venga riconosciuta dai target come un’unica campagna volta a celebrare tutta la forza delle connessioni italiane in ogni sfaccettatura.  

Note
  1. Il Sole 24 Ore
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